Mezzogiorno senza luce in fondo al tunnel. Ma sulla spesa pubblica il sud è più virtuoso del nord
La ripresa del 2014 rischia di restare un miraggio per il Sud Italia. A rivelarlo è la Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, nel Rapporto 2013 sull’economia del Sud Italia, presentato oggi a Roma. L’immagine che emerge è sempre quella di un Paese a due velocità, che però ha un aspetto paradossale: nel campo della spesa pubblica il Sud, dal 2007 al 2011, è stato più virtuoso del Nord.
«Non hanno consistenza – si legge nello studio – le affermazioni secondo cui il volume di spesa pubblica del Mezzogiorno sarebbe elevato. Anzi: guardando alle Regioni a statuto ordinario, emerge che le spese correnti sono diminuite al Sud del 2,1% medio annuo dal 2007, mentre nel Centro-Nord dell’1,2%».
Ma, a fronte di questa riduzione della spesa, si è registrato un aumento delle tasse, effetto dei piani di rientro della sanità. A pesare sono, in particolare, Irap e addizionale Irpef, che hanno portato la pressione dei tributi regionali dal 3,9% del 2011 al 4,6% del 2012.
Altro dato negativo è quello del Pil, che cala dal 2007 e che nel 2012 è sceso del 3,2%, rispetto al 2,1% Centro-Nord. La stima dell’associazione per il 2013, poi, parla di un calo del 2,5%, a fronte di un calo nazionale dell’1,8%. Per quanto riguarda il 2014, infine, il Rapporto stima un Pil fermo allo 0,1% a fronte del +0,7% nazionale e del +0,9% del Centro-Nord.
Pesa la «desertificazione industriale del Sud»: dal 2007 al 2012 la produzione è calata del 25%, gli investimenti sono scesi del 45% e i posti di lavoro del 24%. In particolare, nel 2012 l’occupazione in età tra i 15 e i 64 anni si è attestata al 43,8%, a fronte del 63,8% del Nord. In termini assoluti, nel primo trimestre del 2013 si è raggiunto il record negativo di meno di 6 milioni di occupati: non succedeva dal 1977. Per quanto riguarda, invece, la disoccupazione si è tornati ai livelli dei primi anni Novanta, con un tasso ufficiale del 17% e oltre il 60% dei disoccupati senza lavoro da più di un anno.
La ricaduta sui consumi è che nel 2012 hanno avuto un crollo del 4,3%. In forte calo soprattutto quelli delle famiglie, che l’anno scorso sono arrivati a -4,8%, contro il -3,5% del Centro-Nord, ma che dall’inizio della crisi sono scesi di ben 9,3 punti percentuale.
Non va meglio se si guarda a una questione strategica come la fuga dei cervelli. Nel 2011 i laureati diretti al Centro-Nord sono stati il 25% del totale, più che raddoppiati in dieci anni. Proprio questa situazione è, secondo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quella che suscita «preoccupazione crescente, più di ogni altro dato».
In un messaggio al presidente della Svimez, Adriano Giannola, infatti, il capo dello Stato ha sottolineato che «tale impoverimento di un essenziale patrimonio di risorse umane non può che risultare foriero di pesanti conseguenze e dunque inaccettabile per le regioni meridionali». «La via da perseguire – ha proseguito Napolitano – deve essere quella dell’avvio di un nuovo processo di sviluppo nazionale, che trovi solida base nel meridione» e che passi per «una riqualificazione delle stesse istituzioni».