L’eredità di Craxi finisce all’asta: nessun tesoro, solo cimeli garibaldini e un falso Modigliani

15 Ott 2013 10:53 - di Redattore 92

«Eredità rilasciata Craxi Benedetto detto Bettino. Il curatore invita eventuali soggetti interessati a voler manifestare l’interesse all’acquisto in blocco dei beni al prezzo minimo di 350mila euro entro le ore 12 del 30 novembre 2013 allegando la prova del versamento sul conto della procedura dell’importo di 35mila euro a titolo di cauzione». È tutto quel che che resta dell’eredità di Bettino Craxi: nell’annuncio del Tribunale di Milano pubblicato sul Giornale di lunedì 14 ottobre. Nel marzo del 1997, quando al porto di Livorno furono sequestrati i beni di Craxi, pronti a essere spediti in Tunisia, Repubblica favoleggiò su un tesoro degno di Alì Babà. «Duecentocinquanta casse spedite a Craxi con sopra la scritta “lana grezza”». Da notare la parola “casse”, come quelle usate dai pirati, che lasciavano immaginare monete d’oro, dobloni o diamanti. Molto più prosaicamente, si trattava di scatoloni di cartone, quelli che tutti nella vita abbiamo usato per i nostri traslochi. Dentro, come insistevano a dire la moglie Anna e l’avvocato di famiglia, Gabriello Giubbilei «oggetti di valore solo affettivo. Quattro quadri, qualche stampa e libri sul Risorgimento. Gran parte del carico è costituito da abiti, indumenti ed effetti personali». Sulla vicenda, qualche giorno dopo, allorché era stato chiarito che nelle “casse”, scese «da 250 a 80»,  c’erano un busto di terracotta di Garibaldi, divise, mostrine, vecchie pistole e altri oggetti del Risorgimento, la campagna di stampa virò sul “traffico di cimeli rubati”.

Il giornale di Eugenio Scalfari andò perfino a intervistare la direttrice del museo del Risorgimento di Torino: «Da sempre circola la voce – disse la direttrice – che oggetti e manoscritti appartenuti a Garibaldi, così come alcuni dipinti, siano stati donati ad amici socialisti da un conservatore dell’epoca». Ogni riferimento al leader Psi non era puramente casuale. Sedici anni dopo, la verità: non c’erano opere trafugate o ottenute in modo illecito. Il busto di Garibaldi era stato comprato da un antiquario di via dei Coronari, a Roma. L’unica opera degna di nota, nell’inventario: un falso Modigliani. Ma anche quello era un regalo, certificato come “vero falso” regalato all’allora presidente del Consiglio. Ora va tutto all’asta: mesta fine per un “tesoro”, degno d’interesse solo per gli storici della prima Repubblica.

 

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