«Non ci fu compravendita per Razzi e Scilipoti»: la Procura di Roma sconfessa Di Pietro e la sinistra

11 Set 2013 17:20 - di Redazione

Nessuna prova che i senatori Domenico Scilipoti ed Antonio Razzi lasciarono l’Idv, nel dicembre del 2010, alla vigilia di un voto di fiducia del governo Berlusconi, in cambio di soldi o di altre utilità. Lo sostiene la procura di Roma che ha chiesto l’archiviazione del procedimento che prese le mosse da un esposto di Antonio Di Pietro. Conclusioni, quelle del procuratore aggiunto Francesco Caporale e del pm Alberto Pioletti, che prescindono dall’articolo 67 della Costituzione, il quale prevede che ogni parlamentare esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato. Il fascicolo sulla compravendita di senatori era stato aperto, contro ignoti, per istigazione alla corruzione. Razzi e Scilipoti, rieletti come senatori lo scorso 25 febbraio in quota Pdl, sono stati sentiti in procura lo scorso 11 giugno come persone informate sui fatti: le loro spiegazioni sull’addio all’Idv sono state ritenute da chi indaga plausibili e convincenti. In mancanza di un concreto passaggio di denaro, i magistrati hanno ritenuto di non poter sindacare le scelte di chi, per qualsiasi motivo, ha voluto liberamente cambiare “casacca” politica. Nel caso specifico, Razzi e Scilipoti, secondo quanto emerso dai numerosi accertamenti svolti dalla procura, avrebbero rotto con l’ex pm di Mani Pulite rispettivamente per ragioni di disagio personale e per valutazioni di natura politica in seno all’Italia dei Valori.

L’indagine, avviata dal procuratore aggiunto Francesco Caporale, traeva origine dalle denunce che nel dicembre del 2010 furono presentate contro Razzi e Scilipoti, allora deputati, che, nella scorsa legislatura, abbandonarono l’Idv per passare in sostanza a sostenere il governo dell’ex premier Silvio Berlusconi con il voto di fiducia. A fare i nomi di Razzi e Scilipoti era stato appunto Di Pietro. L’ex pm aveva consegnato un memoriale e altre indicazioni utili all’indagine. Scilipoti aveva liquidato l’accusa motivandola con la frustrazione politica di Di Pietro: «Tonino non sa perdere». Mentre Razzi aveva definito l’esposto di Di Pietro «una pagliacciata». Sulla denuncia avevano sguazzato per settimane Il Fatto quotidiano, Repubblica e Unità. Oggi è arrivata la richiesta di archiviazione che li sconfessa tutti, in un colpo solo.

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