La cena dei misteri (e dei poteri forti). Che ci facevano Re Giorgio, Draghi e Letta a casa di Scalfari?
Metti una sera a cena Scalfari, Napolitano, Draghi e Letta e il biscotto è servito. Padrone di casa il saggio Barbapapà, classe ’24, che nella sua splendida abitazione di piazza della Minerva venerdì scorso ha riunito attorno al tavolo da pranzo i tre big della politica e dell’economia italiana. L’anziano presidente della Repubblica, tra un monito severo al senso di responsabilità dei partiti e una commemorazione finita in lacrime, ha trovato il tempo di fare visita al fondatore di Repubblica insieme al numero uno della Banca centrale europea e al premier che «vuole morire in piedi». Proprio lui, il garante della Costituzione, la più alta istituzione della nazione, il super partes tra i super partes divide il desco con l’istrionico decano dell’antiberlusconismo militante. Il simposio “segreto”, roba da far impallidire il famigerato patto della crostata di casa Letta (Gianni), è stato scoperto da Il Fatto quotidiano che ha ficcato il naso tra le pieghe dell’inciucio tra le massime autorità morali e monetarie della nazione. C’è una P4 che lavora nell’ombra e muove i fili della politica di facciata sotto la regia del re del giornalismo italiano? Perché, sia sa, il vero potere non si fa vedere in televisione, non si siede nei salotti dei talk show, non lavora nelle stanze delle sedi istituzionali. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Che cosa bolle in pentola? Quando c’è di mezzo Scalfari, leggendario profeta antiberlusconiano, la strada è segnata. Ed è lui stesso ad affidare al suo dotto editoriale di domenica perle di saggezza sul magnifico trio che dovrebbe salvare la navicella italiana in gran tempesta. Nel pezzo dal titolo “Napolitano-Letta-Draghi: lo scudo Italia-Europa” il disegno è chiaro: «Siccome ora ci troviamo nuovamente in una situazione assai critica, inserita in un quadro internazionale ancora in crisi», scrive, gli eroi Napolitano-Letta-Draghi, «che sono i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti, questa volta però devono agire da supereroi perché Berlusconi non indietreggia e sarebbe disposto anche a farci uscire dall’euro pur di non decadere». Qualsiasi cosa si siano detti la cenetta è a dir poco irrituale oltre che preoccupante, soprattutto se i commensali fanno del rispetto delle regole una ragione di vita. Il malizioso Giornale evoca l’immagine del panfilo Britannia a bordo del quale nella primavera del 1992 fu avviata la svendita dell’Italia. Ventuno anni fa a bordo c’era anche il giovane Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, Beniamino Andreatta (sponsor e mentore di Enrico Letta) e tanti altri banchieri, affaristi, venditori, acquirenti, maneggioni e speculatori d’ogni risma. Dopo quell’allegra crociera il 48 per cento delle aziende italiane passò di mano ad aziende straniere, la lira svalutò e il Paese si avviò in un declino pilotato. A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca.