“Gomorra”, nuovo scandalo: per il set della fiction tv pagati 30mila euro al boss Francesco Gallo
Fa discutere e sobbalzare dalla sedia l’amara scoperta de il Fatto quotidiano che per il set della fiction Gomorra, che andrà in onda il prossimo anno su Sky, la produzione ha affittato la villa del capoclan di Torre Annunziata, Raffaele Gallo, arrestato pochi mesi fa per associazione mafiosa. Versati 30mila euro per sei mesi di riprese (12 puntate da 50 minuti) nella “particolare”e decisamente realistica location. Un contratto d’affitto in piena regola (con la prima rata già versata a Gallo) i cui soldi, dopo il sequestro giudiziario dell’immobile, ora sono nelle casse dello Stato. Non solo, ma il protagonista della serie televisiva è il boss in persona. Altro che finzione. La splendida villa, rosa confetto, è l’ambientazione perfetta per rendere i gusti di un capoclan – hanno pensato i tecnici della produzione – e infatti è autentica. Per lo spettatore una fiction rappresenta la finzione, ma gli abitanti del luogo, sconcertati, sanno che è tutto terribilmente vero. Il clan di Gallo – scrive il gip di Torre Annunziata – ha praticamente monopolizzato il Parco Penniniello, una piazza di spaccio con le vedette della camorra che “vigilano”. Il regno è in mano ai “pisielli”, alleati di Gallo, nemici giurati dei Gionta, il clan che ammazzò nel 1985 il cronista de Il Mattino, Giancarlo Siani.
Come se non bastasse il contratto d’affitto, per la gioia del boss e della sua famiglia, la produzione ha anche ristrutturato a sue spese il giardino e il piano superiore (mentre la piscina già esisteva) che resterà al proprietario se non chiederà espressamente di smantellare il restyling. Roba che può valere altri cinquantamila euro. E ancora un “aiutino” alla sorella del boss che si è aggiudicata il contratto per la fornitura del catering per sfamare il cast di circa 50 persone. Un pacchetto “chiavi in mano” fornito da Cattleya in coproduzione con Fandango e Sky da far inorridire la decennale crociata contro la camorra e la malavita organizzata. Il regista, Stefano Sollima, lo stesso di Romanzo Criminale, che ha lavorato gomito a gomito con Roberto Saviano, si discolpa così: «Prima che iniziassero le riprese, quindi al momento del contratto, del quale non mi sono occupato personalmente non sapevo che si trattasse di un boss. Dopo sì: la casa è stata sequestrata e abbiamo dovuto chiedere l’autorizzazione alla magistratura». Ma anche se l’avesse saputo – aggiunge – non sarebbe stato un problema, «il mio lavoro è raccontare la realtà, non ne faccio una ragione moralistica».