Torna l’eskimo in redazione. Santanché vuol salvare il posto a 90 giornalisti Rcs. La risposta: «Mai con lei»
Meglio per strada che con la Santanché. Che ha la colpa, si fa per dire, di essere del Pdl e di lavorare con giornali non “graditi”, come Libero e il Giornale. Manco fossimo all’Unità negli anni Settanta, pare che siano puramente ideologici i motivi che ostacolano il possibile salvataggio dei periodici Rcs da parte della parlamentare del Pdl, che – secondo il Wall Street Italia – avrebbe presentato un’offerta “irrifiutabile”, recandosi personalmente nella sede di via Rizzoli per l’acquisto dei periodici che il gruppo vuole cedere o chiudere entro fine giugno. In ballo ci sono 90 posti di lavoro di giornalisti e 22 di poligrafici, con la garanzia – fornita dalla Santanché assieme all’ex marito, Canio Giovanni Mazzaro, socio di Flavio Briatore e azionista di riferimento di Bioera – di tenere in vita i periodici del gruppo e garantire i livelli occupazionali per almeno 24 mesi. Niente male, anche perché la Santanché avrebbe rinunciato ad acquisire i 30 milioni di euro che altre cordate interessate avevano invece chiesto come “dote” per l’eventuale salvataggio. L’offerta si basa su una proiezione di ricavi pubblicitari, di cui la società della Santanché è tra i leader nazionali , per “un accompagnamento economico calcolato in base alle percentuali di vendite e raccolta da spalmare su 24 mesi”, con una sorta di rateizzazione a Rcs che comunque, secondo il piano industriale, “arriverà a sborsare al massimo 20 e non 30 milioni”.
Secondo il Wall Street Italia, a partecipare a questa operazione ci sarebbe anche un un fondo estero, come conferma l’ex marito di Daniela, Canio Mazzaro. L’obiettivo è portare Visibilia, la capofila del gruppo, a Piazza Affari in tempi brevi con una partnership pesante e prestigiosa come quella di Rcs. Il pacchetto delle riviste in crisi va da “A” ad Astra, Brava Casa, Europeo, Max, Novella 2000, Ok Salute, Visto, Yacht&Sail e il polo dell’enigmistica.
Paradossalmente, però, l’ostacolo maggiore a questa operazione sarebbero i giornalisti, proprio quelli che rischiano il posto di lavori. Al nome della Santanché pare abbiano avuto un rigurgito ideologico da “eskimo in redazione”. O almeno, chi ha parlato a nome di tutti s’è lasciato scappare cose aberranti e anacronistiche. «Mi sento in difficoltà solo a immaginare che Rcs si sieda a un tavolo con Santanché per vendere dei giornali del gruppo, anche importanti, a una società pubblicitaria che lavora anche per il Giornale», è la voce di un membro del Cdr di “A”, che da buon sindacalista di sinistra, ragiona molto con la tessera e poco con la testa. Il 30 maggio, comunque, i nodi arriveranno al pettine, Santanché o no, con la convocazione del Cda dell’intero gruppo. E lì si capirà se i soci del patto di sindacato avranno voglia di metterci i soldi per scongiurare la “temutissima” Opa di centrodestra.