Papa Francesco: pensiamo di più alle persone, meno alle banche…

18 Mag 2013 21:14 - di Redazione

Un invito a non trascurare le persone e la loro dignità per seguire l’astrattezza del mercato: Papa Francesco con le sue parole è stato come sempre semplice ed essenziale. “Se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità”. Parole pronunciate durante l’incontro con i 200mila esponenti di movimenti e associazioni cattoliche in piazza San Pietro. “Questa è una crisi dell’uomo, che distrugge l’uomo – ha detto ancora Papa Francesco  Nella vita pubblica, politica se non c’é l’etica tutto è possibile, tutto si può fare. Allora vediamo, leggiamo i giornali come la mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all’umanità intera”.

Il Papa rispondeva ‘a braccio’ a domande rivoltegli dai rappresentanti delle aggregazioni laicali e delle nuove comunità, in particolare a una su come si possa vivere “una Chiesa povera per i poveri”. Ha quindi raccontato, citando un rabbino del dodicesimo secolo, la storia della costruzione della Torre di Babele. “Quando cadeva una torre era una tragedia nazionale, veniva punito l’operaio, perché i mattoni erano preziosi – ha detto -. Ma se cadeva l’operaio non succedeva niente”. Oggi, ha proseguito, “se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia. Se invece le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, allora questo non fa niente…”. Bergoglio ha comunque spiegato che “la Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata”. “Noi non siamo una ong – ha detto -. Quando la Chiesa diventa una ong perde il sale, non ha sapore, diventa una vuota organizzazione”. “Siate furbi – ha avvertito – perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’efficientismo, e una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficienza”. Per Bergoglio, inoltre, “quando la Chiesa diventa chiusa si ammala, come una stanza che rimane chiusa e dove l’aria è viziata”. “Preferisco mille volte una Chiesa incidentata, che subisce degli incidenti, piuttosto che una Chiesa malata per chiusura”. Quindi andare incontro agli altri, combattere la “cultura dello scontro, la cultura della frammentazione”. E anche la “cultura dello scarto”, quella che emargina anziani e bambini. “Dobbiamo fare con la nostra fede una cultura dell’incontro, una cultura dell’amicizia – ha detto il Papa – dobbiamo andare incontro a chi non la pensa come noi, perché tutti sono figli di Dio, senza negoziare la nostra presenza”.

Per Bergoglio, poi, è uno “scandalo” che non faccia notizia la morte di un barbone per il freddo, che ci siano bambini che non hanno da mangiare. “Non dobbiamo essere cristiani inamidati, come persone che prendono il té: dobbiamo essere cristiani coraggiosi, andare incontro a quelli che sono la carne di Cristo”. Ha parlato a braccio per quasi 40 minuti, il Pontefice, anche con molti momenti sorridenti. Come quando ha raccontato della nonna che da bambino gli ha fatto incontrare la fede. O della confessione fatta a 17 anni che gli ha fatto sentire la vocazione al sacerdozio. O quando ha ammesso che delle volte si addormenta guardando il sacrario. O quando ha rimproverato bonariamente i duecentomila della piazza perché al suo passaggio gridavano “Francesco, Francesco” e non “Gesù, Gesù”. “Mai più Francesco – ha scherzato – gridate Gesù”. Il Papa ha anche ironizzato sui vincoli a cui è sottoposto in Vaticano. “Quando io vado a confessare – ha detto – anzi, quando andavo, adesso non si può, perché uscire da qui non è possibile…”. E giù gli applausi della folla. Presenti in piazza circa 150 movimenti, tra cui Cl, Azione Cattolica, Focolari, Sant’Egidio, Neocatecumenali, Rns, gli Scout, tra canti, preghiere, letture bibliche.

 

 

 

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