Giustizia, Italia maglia nera d’Europa. Il caso emblematico del sindaco di Quartu Sant’Elena

2 Mag 2013 14:20 - di Michele Pisano

Verranno giorni in cui la politica sarà piegata e sconfitta se non alzerà la testa. Lungi da me ripetere la filastrocca dei magistrati comunisti, che, per carità, è pure realistica; mi sia però permesso ribadire l’inconcludenza della politica, oggi, di fronte a una violenza di Stato che non trova più ostacoli. Come cita la brava Annalisa Chirico nel suo libro “Condannati preventivi” ci troviamo di fronte “le manette facili di uno Stato fuorilegge”.

Siamo una nazione violentata spesso da interferenze esterne e che inoltre conosce bene gli stupri dei suo organi interni. Sia concesso di ricordare dunque il ruolo di una parte della giustizia italiana, ahinoi. Una buona fetta di questa suddetta giustizia è impunita (colpa di coloro che hanno avuto la possibilità di riformare e non ci sono riusciti), con la possibilità di decidere della vita delle persone e, ancor più grave, delle comunità, nazionali e locali. Gli esterofili buonisti e progressisti nostrani si dilettano nel ricercare nei paesi del terzo mondo casi di malagiustizia e di ingiustizie sociali. Invece basterebbe stare in Italia e concentrarsi sul caso emblematico della custodia cautelare, anzi, della carcerazione preventiva, dramma tutto nostro che conta nelle patrie galere un detenuto su due in regime, appunto, di custodia. Una situazione kafkiana che registra migliaia di individui privati della libertà in assenza di una sentenza di condanna. La vergogna d’Europa insomma, un Paese in cui pochi detengono la forza di decidere della tua vita con formulette di rito e teoremi curiosi. La drammaticità della crisi giudiziaria si evidenzia nel caso Contini-Lilliu, rispettivamente sindaco e assessore di Quartu Sant’Elena, terza città della Sardegna. Prelevati dalle proprie abitazioni e sbattuti in cella per un’accusa che la stessa difesa ha magistralmente contestato. Un’inchiesta che interessa la questione  dello stadio Is Arenas, diventata di carattere nazionale per la sua grottesca inconsistenza. Quello che bisognerebbe far notare è la violenza, nei modi e nelle cause, che porta ad abusare di un mezzo che nemmeno nei paesi meno sviluppati verrebbe usato con tale veemenza. Un’umiliazione continua e perentoria, dove l’unica parola che il sindaco è in grado di dire ai suoi avvocati è “allucinante”. Tutto assurdo,  soprattutto quando la tua libertà viene barattata con le tue dimissioni da sindaco. Tu ti dimetti e nessuno più ti disturba. Interessante, uno stato di diritto a tutti gli effetti.

Esiste quindi un caso-Italia, che la politica poteva meglio gestire e che invece non è riuscita perché debole di fronte a parte del potere giudiziario. Sta di fatto che la nostra libertà potrebbe capitare nella mani di personaggi senza scrupoli. E come diceva Enzo Tortora, noi siamo qui anche per chi non può parlare.

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