Mister Marino vuole parlare ai romani in inglese. Così lo capiscono meglio gli stranieri e i Rom…
Quando non si ha nulla da dire, meglio dirlo in inglese, avrà pensato Ignazio Marino, anzi mister Marino, che fa più effetto, soprattutto se col tuo vero nome italiano ti conoscono in pochi nelle borgate capitoline. La sua proposta di fare il confronto tra i candidati a sindaco di Roma in lingua straniera, “per far emergere chi ha spessore internazionale”, è una delle idee più bizzarre che si sia mai ascoltata in una competizione elettorale nell’Urbe dai tempi dell’elezione del primo console, Lucio Tarquinio Collatino, nel 507 A.C. Immaginate un giro a Corviale, con Marino che arringa la folla: “Please, please, vote for me, my friends”. “Aò, ma che stai a dì”, potrebbe essere la risposta più educata. O un confronto in tv dove il giornalista chiede a mister Marino, “noio volevam savuar”, alla Totò, e lui sfoggia un accento oxfordiano “to explain” che vuole fare per le buche e il traffico. «Allora facciamolo in rumeno, il confronto…», ironizza Sandro Medici, della lista Repubblica Romana, in riferimento all’attenzione che Marino dedica alle popolazioni transumanti dai Paesi dell’est. Ma c’è anche chi prende sul serio la proposta del chirurgo nato a Genova, perché lo snobismo, con i romani, che in quanto a lingue nobili non si ritengono secondi a nessuno, è una colpa politica da stigmatizzare. È il caso di Gianni Alemanno: «Qualcuno ha delle tendenze elitarie, si sente con la puzza sotto il naso, ma il sindaco di Romadeve parlare alla gente in termini chiari e comprensibili da tutti». Eppure se mister Marino insiste con l’inglese forse non è un caso: le Primarie le ha vinte con abbondante e fotografato sostegno delle comunità di immigrati, zingari e nomadi. Che come si intuisce, l’italiano lo masticano poco. Forse neanche l’inglese, ma in fin dei conti, nel dubbio, meglio non farsi capire.