L’Anpi chiama, Zingaretti risponde. Un 25 aprile di propaganda elettorale

22 Apr 2013 14:52 - di Redazione

«A un mese dal 25 maggio Roma potrà liberarsi di nuovo da una amministrazione che l’ha ridotta allo stremo, in cui inchieste giudiziarie mettono in evidenza collusioni con esponenti di rilievo del neofascismo». Sul filo della retorica da Peppone di Don Camillo, il presidente dell’Anpi romano Vito Francesco Polcaro nel corso della presentazione delle celebrazioni del 25 aprile ha annunciato il vero filo conduttore della manifestazione. Un mega spot elettorale contro il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.  «I romani non devono buttare l’unica arma che hanno per liberare Roma dal fascismo, che è il voto. Un antifascista non si astiene». Tutti i rappresentanti delle Istituzioni sono benvenuti, premette il responsabile cittadino dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, «invece non saremmo affatto contenti, ma non pensiamo possa accadere, che ci sia qualcuno che diventa improvvisamente antifascista per un giorno, il 25 aprile, dopo che ha passato 5 anni di amministrazione a sostenere associazioni fasciste come Casapound», precisando di riferirsi «all’acquisto di alcuni immobili» e all’inaugurazione «di monumenti a fascisti e neofascisti del passato». A chi gli chiedeva del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, Polcaro ha risposto: «Con Zingaretti e la sua segreteria ci sentiamo da settimane. Lui è sempre venuto, e sarà il benvenuto».

È proprio il presidente della Regione a rispondere, accendendo la campagna elettorale per il Campidoglio, dove il Pd romano (e Zingaretti è l’uomo forte del partito in questo momento) sostiene Ignazio Marino. Lo fa con un annuncio a orologeria, decidendo «di sospendere il finanziamento concesso al Comune di Affile» che l’amministrazione precedente ha «impropriamente deciso» di destinare ad un «mausoleo per Rodolfo Graziani», su cui «la storia ha già emesso da tempo il suo giudizio: per i crimini di guerra compiuti nel corso dell’aggressione coloniale nei confronti dell’Etiopia, con l’uso di gas, bombardamenti indiscriminati e rappresaglie contro la popolazione civile, con la costruzione di campi di concentramento, con la reclusione coatta delle popolazioni nomadi». Ancora Zingaretti cita tra le colpe infamanti «il suo sostegno indiscusso al regime fascista e al proseguimento della guerra affianco alla Germania nazista fino all’ultimo giorno nella Repubblica di Salò; per il suo apporto convinto alla guerra civile contro la Resistenza, da cui mai prese le distanze e che gli valse una condanna a 19 anni di reclusione con l’accusa di collaborazionismo, mentre rimasero pendenti i suoi trascorsi in Africa e le accuse di crimini contro l’umanità a lui rivolte da più parti». Il tentativo di Zingaretti è chiaro, portare qualche voto in più alla coalizione anti-Alemanno. E poi meglio prendersela con Graziani: fa meno paura di Grillo.

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