Quando D’Annunzio difendeva il genio Wagner dagli attacchi di Nietzsche

12 Mar 2013 11:02 - di Redattore 54

Del D’Annunzio poeta è stato scritto molto, e così anche del D’Annunzio soldato, e ancora del D’Annunzio politico, di quello decadente, dell’amatore, dell’esteta. Nella sua vita turbinosa anche la musica aveva uno spazio sovrabbondante. Nello Statuto della libera città di Fiume si legge che “la musica è l’esaltatrice dell’opera di vita”. E invitando Toscanini a Fiume per tenervi un concerto D’Annunzio scrive: “Venga a Fiume d’Italia se può. È qui la più risonante aria del mondo”. Tra il luglio e l’agosto del 1893 sul quotidiano romano La Tribuna D’Annunzio scrisse tre articoli difendendo Wagner, il “nume di Bayreuth”, dagli attacchi di Nietzsche.  Sono scritti – oggi riproposti da Elliot con il titolo Il caso Wagner (pp. 64, €7,50) – dai quali si intuisce il particolare rapporto del poeta con la musica. “Quello del poeta per Wagner – scrive Paola Sorge nell’introduzione – fu vero amore. Esplose a Napoli negli anni Novanta, ebbe il suo culmine durante la composizione del Trionfo della Morte e delle Vergini delle rocce, conobbe il dcelino con Il Fuoco; come tutti i grandi amori, lasciò un’impronta indelebile nello spirito e nella produzione del poeta e portò con sé una lunga scia di aspirazioni e di desideri irrealizzati come quello del Teatro di Albano e della “Rotonda” di Fiume”. D’Annunzio riassume per i suoi lettori le accuse che Nietzsche rivolge a Wagner, bollato come artista della decadenza, mentre per l’autore de Il Piacere egli è l’artista completo, che ha saputo esprimere i sogni “che nascono dalla profondità della malinconia moderna, i pensieri indefiniti, i desiderii senza limiti, le ansie senza causa, tutti i turbamenti più oscuri e più angosciosi”. Wagner è l’interprete di un “bisogno metafisico”. Colui che scopre i segreti della vita intima degli uomini.  D’Annunzio che pure apprezzava Nietzsche, anche se lo conosceva solo superficialemnte, rimase dolorosamente colpito dalle critiche rivolte a Wagner, che egli considerava un possente genio moderno. Nei suoi articoli dunque prese le distanze da Nietzsche, giudicò “vane” le ragioni della sua ira antiwagneriana. Indicato superficialmente dalla critica come cultore della morale del superuomo, D’Annunzio invece più che essere sedotto Nietzsche seguì in modo appassionato il modello Wagner, e in particolare la sua idea di creare una nuova grande arte in cui tutte le altre venissero fuse. Fu letteralmente folgorato, e non si trattò di una moda passeggera, dalla magnifica ambizione dell’opera totale.

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