Psicodramma nei Cinque Stelle. Urla, fughe, litigi. Poi i dissidenti ignorano il voto a maggioranza…
Psicodramma grillino a Palazzo Madama e sul web. È fatale la votazione al Senato per far naufragare la “granitica” compattezza del M5S, il cui voto è stato decisivo al ballottaggio per l’elezione di Piero Grasso a seconda carica dello Stato. La prima vera frattura all’interno del partito di Grillo si consuma qui, ai primi passi di legislatura. Silenti. Increduli. A tratti intenti a confabulare con il vicino: era questa la scena dei senatori grillini dopo il ballottaggio che ha portato Grasso alla presidenza del Senato. Mentre negli altri settori dell’Emiciclo c’era euforia e si discuteva, tra i banchi dei grillini regnava il silenzio. La giornata s’era aperta subito con grandi tensioni, a giudicare dalle urla che arrivavano dalla sala dove i neo eletti si erano riuniti per decidere. Intanto fioccavano gli insulti sul web all’indirizzo del comportamento oscillante e delle promesse non mantenute. L’ordine di scuderia del capogruppo Vito Crimi era stato chiaro, votare scheda bianca, dunque non votare il candidato del Pd o del Pdl. Decisione presa dopo un voto a maggioranza. Ma per la prima volta gli eletti di Grillo si comportavano da “cani sciolti”. Disciplina di partito addio. «Qualcosa potrebbe cambiare», spiegava una senatrice 5 Stelle. «Per noi Grasso, al di là del giudizio sulla persona, sarebbe comunque il portavoce di un sistema». La base, almeno sul blog di Grillo, invitava a prediligere Grasso, ricordando che un voto oggi «non significa allearsi con il Pd». La scelta di puntare sulla scheda bianca, di fatto, «non è stata presa all’unanimità», spiegava l’ex candidato al Senato, Luis Alberto Orellana. L’incertezza filtra anche sui social network, dove ad appello già iniziato, il senatore M5S, Maurizio Bucarella, scriveva: «Stiamo per votare al ballottaggio… e la discussione accesa tenuta nel gruppo non è stata sufficiente a dipanare i dubbi di tutti quanti». Vito Petrocelli lasciava la riunione prima del voto. C’era anche chi, apertamente, sfida la linea. Il senatore Bartolomeo Pepe scriveva, sempre su Facebook: «Amici, libertà di voto. Senza contrattazioni e senza trucchi. Borsellino ci chiede un gesto di responsabilità». L’indisciplina proseguivacon Ornella Bertorotta, che tuonava, sempre su Fb: « Libertà di voto. È questo che abbiamo deciso. Ogni cittadino portavoce al Senato voterà secondo coscienza». Del resto dopo essere stati, sempre seduti compatti ai loro banchi, al ballottaggio per l’elezione del presidente erano comparsi i primi capannelli tra i senatori di M5S. Durante lo spoglio si vedevano diversi senatori grillini parlare in gruppo, in piedi in varie zone dell’emiciclo. «Se venisse eletto Schifani, quando torniamo in Sicilia ci fanno un mazzo così…», avevano annunciato i senatori siciliani nel corso dell turbolenta riunione. Chi di web ferisce di web rischia di perire. La rete prendeva infatti di mira il Movimento per le sue esitazioni e addirittura su Twitter nasceva un hashtag, #M5SpiùL che fa il verso al modo con cui Grillo chiama il Pd (PdmenoL). Due sono le cose che venivano rimproverati ai senatori 5 Stelle: la mancanza di diretta streaming della loro riunione per decidere l’atteggiamento da tenere al ballottaggio, e la stessa indecisione di fronte alla scelta tra Schifani e Grasso. «Oggi al Senato i grillini ci mostreranno il lato oscuro delle stelle»: un “cinguettio” niente male, suonato come una profezia, a fine giornata.