Con la multa a Dolce&Gabbana lo Stato potrebbe ricostruire otto volte la città della Scienza di Napoli

30 Mar 2013 21:05 - di Guido Liberati

Il triplo dei rimborsi elettorali che spettano a tutti i partiti (153 milioni di euro), otto volte il costo della città della scienza di Napoli (40 milioni di euro), nove volte i fondi stanziati dalla Regione Emilia Romagna per la ricostruzione dopo il terremoto (47 milioni). E’ la cifra (343 milioni di euro) che i due stilisti Dolce&Gabbana dovranno pagare al fisco italiano, dopo avere perso il ricorso contro l’Agenzia delle Entrate. La vicenda Dolce e Gabbana nasce nel 2010 quando viene notificato ai due stilisti un avviso di accertamento per via delle operazioni di ristrutturazione del gruppo nel 2004 con la costituzione “di due società in Lussemburgo” (Gabbana Luxembourg e Gado srl) e la successiva cessione dei marchi dalle persone fisiche degli stilisti alla Gado srl per 360milioni di euro”, un prezzo che l’Agenzia delle Entrate definiva “frazione del valore effettivo”. Le Entrate evidenziavano “la funzione di cassaforte costituita ad hoc di Gado Srl, strumento realizzato per attuare una pianificazione fiscale internazionale illecita finalizzata al risparmio di imposta”. Dopo il ricorso dei due stilisti la commissione tributaria provinciale di Milano nel novembre 2011 riduceva il valore complessivo dei marchi da circa 1 miliardo a 730miloni ma respingeva il resto delle richieste e comminava la sanzione. Al secondo ricorso però la Commissione confermava la sentenza di primo grado e ai due stilisti non rimane adesso che il pagamento o l’ultimo grado di giudizio.

Gli stilisti non sono i soli ad avere in corso contenziosi che farebbero la felicità delle casse dello Stato. La Finanza ha avviato un’indagine sul colosso del lusso Bulgari, sottoponendo a sequestro beni per 46 milioni di euro. Il reato contestato dalla procura di Roma è la frode fiscale prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo 74 del 2000, in sostanza la costruzione di società e negozi societari in un’architettura fraudolenta. Secondo la Finanza Bulgari avrebbe omesso di dichiarare una base imponibile Irap di oltre un miliardo e 900 milioni di euro. All’incirca il costo stimato per risanare l’Ilva di Taranto.

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