Alfano: guai a dividerci, scompariremmo

1 Giu 2012 20:36 - di

Se Berlusconi lancia la sua «pazza idea» sull’euro per la gioia dei cronisti assiepati davanti all’auletta di Montecitorio, Angelino Alfano si concentra sul futueo del Pdl e le prossime mosse parlamentari in vista della rincorsa elettorale del 2013. Primo puntoda chiarire davanti a deputati e senatori: non si levano le tende, basta invenzioni su spacchettamenti e liste bonsai, basta chiacchiere fuori sacco e scenari immaginifici. Il Pdl resta un corpo unico e unito, scandisce il segretario pidiellino irritato dai boatos giornalistici  che da settimane gli attribuiscono intenzioni non vere.
Poi un messaggio tecnico-logistico a dimostrazione che il dirigismo e i diktat non abitano (più) a via dell’Umiltà. «Questa riunione deve diventare un format. Questa è la strada per fare squadra. O ciascuno di noi si deprimerà e scomparirà in proprio». È un allarme condiviso poco prima dal Cavaliere che si è appellato all’unità.
«Noi non smobilitamo, non ammaineremo la nostra bandiera. Andremo a casa solo se ci mandano a casa i nostri elettori», insiste Alfano a proposito della futura federazione dei moderati di cui il Pdl deve essere il motore e l’anima. «Le varianti politiche strutturate, Grillo a parte, sono solo due: quella che ha come riferimento la foto di Vasto e un’altra, e cioè quella che vede come principale pilastro il Pdl. Noi siamo, quindi, la maggioranza di una possibile maggioranza. Accanto ad alleati che abbiano simili dimensioni percentuali. Senza di noi nessun aggregazione moderata vince, a meno che non vada con la sinistra». Nel futuro pidiellino, dopo l’innegabile débacle delle amministrative, c’è il rilancio, la ripartenza, il cambio di passo, la discontinuità  ma non la subalternità a un cartello di moderati («Se c’è uno bravo a fare subito un accordo con tutti i moderati, ci porti il risultato e lo candidiamo premier…», avrebbe detto sorridendo). Insomma, non si sta ai remi ma al timone della futura nave.
«Noi non siamo col piattino in mano a chiedere alleanze», ha detto rispondendo indirettamente alle tante ricostruzioni su incontri e mani tese a Montezemolo e Casini, «noi offriamo una proposta politica forte. Non declamiamo alleanze moderate. Noi formuliamo un’offerta politica seria e siamo arrivati al punto massimale dell’offerta. Dopo quel punto c’è la nostra scomparsa e noi non ci stiamo, noi siamo orgogliosi della nostra storia». La posta in gioco è alta e per quanto difficile la strada è segnata:«cogestire» l’area moderata alternativa alla sinistra, essere cofondatori di un progetto. Con chi ci sta. L’ex Guardasigilli ha spiegato ai suoi che «può piacere o meno, ma il Pdl è e sarà sempre il principale attore dell’area moderata e tutti dovranno fare i conti con noi. Noi non saremo mai proni».
Certo, «l’amalgama degli ingredienti della formula è difficile – ammette – ma noi ci impegneremo in tutti i modi, una maggiore presenza sul territorio, una migliore organizzazione. Faremo tutto ma non andremo a casa né vo faremo commissariare». Unità di intenti e di linguaggi sono il filo conduttore della riunione con i gruppi che poi si allarga ai temi economici sul terreno minato della crisi.«È il momento di stare uniti», insiste fino alla noia, «non c’è miglior modo per andare avanti che fare squadra e restare uniti. Siamo il partito che ha più pagato gli effetti della depressione». E quando Alfano parla di fraintendimenti e di chi gioca allo sfascio non sembra abbia in mente solo i giornalisti, il monito è rivolto “globalmente” a chi rema contro e, per protagonismo, si lascia andare a chiacchierate fuori sacco su prospettive immaginifiche di liste, listine, nomi, nomignoli e gruppi autonomi. «Ha ragione Alfano – butta il carico da 90 Berlusconi – dobbiamo essere monolitici, non lasciarci andare a dichiarazioni di dubbio sulla nostra formazione politica in un momento così delicato. O si sta insieme, in squadra, o ciascuno di noi si perderà in proprio». No ad associazioni o gruppi formati da singoli componenti del Pdl. Si riparta, invece, dall’ascolto del territorio, dal radicamento, dal contatto con gli iscritti. «Il Popolo della Libertà deve dare la massima attenzione non solo alle esigenze del ceto medio, ma anche a quelle delle fasce più deboli della popolazione che soffrono maggiormente gli effetti della crisi e che non hanno oggi un’adeguata rappresentanza politica», chiosa Enrico La Loggia.

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