La caduta di Angela affossa le Borse e ci costa 9 miliardi

14 Mag 2012 20:52 - di

Dopo Nicolas è la volta di Angela. Il day after della Merkel è quello della Germania e dei mercati. La Cancelliera ha definito «una sconfitta amara» la debacle del suo partito in Nordreno Westfalia, dove la Cdu domenica ha ottenuto il suo peggior risultato di sempre (26 per cento). «Un giorno amaro» per i Cristiani democratici tedeschi, che hanno incassato una «sconfitta dolorosa», ha detto la Merkel commentando con il candidato perdente, lo «sfortunato» Norbert Roettgen, all’indomani della vittoria della Spd nel popoloso Land occidentale a cui fanno capo Duesseldorf e Colonia. «Festeggiamo insieme e sopportiamo le sconfitte insieme. Ma tristi siamo tutti», ha spiegato la leader Cdu, esprimendo inoltre le congratulazioni ai Socialisti (un picco di 39,1 per cento) e Fdp (i liberali tedeschi, tradizionale alleato della Cdu, hanno ottenuto un inaspettato 8,4 per cento). E nonostante la Merkel si dica «rilassata» in vista delle elezioni politiche del 2013 per Angela sono lontani anni luce i tempi del duo “Merkozy”, delle risatine e degli ammiccamenti con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Oggi, infatti, incontrerà il nuovo inquilino dell’Eliseo, quel Francois Hollande che vuole ridiscutere misure e rigore.
Ciononostante, la Cancelliera non intenzionata a cedere di un millimetro sulle politiche economiche. «Il lavoro in Europa non sarà influenzato» dalla sconfitta di domenica, ha ribadito, insistendo sul dato che «non c’è contraddizione tra una politica di bilancio solida e la crescita». In realtà, il risultato che ha fatto stravincere i socialdemocratici è stato letto dai media di tutto il mondo come una punizione della sua politica di austerity. L’analisi del “New York Times” rende l’idea: la cancelliera tedesca «è più vulnerabile di quanto si potesse credere», ha sottolineato il quotidiano Usa evidenziando come la sconfitta della Merkel «potrebbe incoraggiare il nuovo presidente socialista francese Hollande a raddoppiare i suoi sforzi per convincere la Cancelliera ad allentare la presa sui tagli al bilancio e sulle riforme strutturali nell’Eurozona, e a fare invece di più per rafforzare l’economia».

Le Borse bocciano il voto tedesco
Le reazioni dei mercati del Vecchio Continente sono state disastrose: hanno viaggiato sui minimi degli ultimi tre mesi cominciando a scontare l’idea che la Grecia (-5,4 per cento) possa uscire dall’Eurozona. In attesa di indicazioni dall’Eurogruppo le Borse hanno sofferto soprattutto per il no alla Merkel della più popolosa regione tedesca. In tensione gli spread di Spagna e Italia. Milano, in particolare, ha risentito del nuovo record raggiunto dal debito pubblico. Ma in generale è stata una giornata difficile per tutte le Borse europee: l’indice Stoxx 600, che registra l’andamento dei principali titoli dei listini del continente, ha ceduto l’1,80%, che equivale a 120 miliardi di euro bruciati in una seduta. Piazza Affari, con un calo del 2,64% dell’indice Ftse All share, ha perso da sola 9 miliardi di capitalizzazione. Conseguenze anche per lo spread tra Btp e Bund, che è oscillato a 431 punti base con il rendimento del Btp a 10 anni al 5,76 per cento. Il differenziale tra i titoli decennali di Spagna e Germania è a 483,8 punti base e il rendimento dei Bonos è al 6,28 per cento e quello della Francia a 139 punti.

Pdl e Pd: il rigorismo non paga     
L’analisi del voto per una volta trova un’insolita concordanza tra Pdl e Pd e un’insospettabile sordità da parte del governo. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano registra le complicazioni di «un quadro che è in movimento, ci sono state elezioni in Germania, elezioni altrove e ne scaturiscono degli elementi di novità». Per il Pdl l’analisi è semplice. «I risultati elettorali della Germania – commenta Maurizio Gasparri – dovrebbero indurre tutta l’Europa ad una riflessione».  Per il presidente del gruppo Pdl al Senato, «in tutta Europa c’è un momento di grande incertezza che scaturisce dalle urne. Del resto non possiamo congelare la democrazia per accontentare banchieri ed eurocrati, che vorrebbero imporre le proprie logiche contro le quali i popoli si stanno ribellando. Dobbiamo discutere di intese europee ed i Parlamenti sono chiamati a ratificarle anche in Italia. Ma possiamo evitare una riflessione di fondo sulle politiche europee? Possiamo far finta che nulla stia accadendo? Questo richiamo alla realtà vale anche per il governo Monti e per le scelte che l’Italia deve fare». Gasparri è ben consapevole «della delicatezza della situazione, ma proprio per questo la politica deve affrontare i problemi e presentare il conto a chi nelle realtà finanziarie e nella burocrazia europea ha imposto fin qui strade sbagliate». Occorre quindi «un’inversione di rotta ed occorre evitare che il tema della crescita diventi soltanto occasione per sfoggio retorico di parole. Da anni i governi di centrodestra in Italia avevano proposto gli eurobond, il non calcolo nel deficit delle spese per investimenti e le infrastrutture. Ora queste ed altre scelte per la crescita appaiono drammaticamente urgenti».
Come osserva la collega di partito, Margherita Boniver «i risultati della fiscalità perfetta e del rigore continuo sono sotto gli occhi di tutti. La povertà e la fame hanno travalicato i confini dell’Africa e affliggendo le famiglie in Europa, vedere il caso dei tanti bambini malnutriti in Grecia. Cupi scenari – aggiunge il Presidente del Comitato Schengen – che potranno essere mutati solo con un decisivo slancio verso le politiche della crescita e dell’occupazione». In una nota congiunta Jole Santelli e Beatrice Lorenzin ribadiscono la sconfitta del rigorismo incalzando il governo: «Occorre che il presidente Monti si faccia parte attiva in Europa affinché vengano rivisti i trattati, in modo tale da poter cambiare il patto di stabilità secondo criteri più vicini ai bisogni dei popoli europei, vengano emessi i project bond e venga rivisto Basilea puntando ad una politica monetaria europea». Da sinistra fa loro eco il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Il voto in Germania? «Una batosta molto forte per la Merkel in una regione cruciale del Paese» ha il significato che «c’è una parte crescente dell’opinione pubblica tedesca che capisce che nessuno si salva da solo».
Pare andare invece in controtendenza il governo. «Non mi sembra sia una bocciatura della linea» del rigore: così il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha risposto a chi le chiedeva se l’esito del voto in Germania rappresenti una bocciatura della linea del rigore di Merkel, ma anche del governo Monti. «Non sarei così tranchant. L’Europa ha bisogno di trovare una sua strada verso la crescita. La crescita – ha commentato la Fornero – è un tema europeo che credo sarà oggetto di discussione; se cambiano gli equilibri politici è naturale che se ne tenga conto, ma non mi sembra questa sia una bocciatura della linea». Il ministro ha, quindi, sottolineato che «a questo governo è stata chiesta la messa in sicurezza dei conti ma certamente non è stato chiesto di dimenticarsi dei problemi sociali».
Crede invece in un punto di sintesi, Antonio Tajani.  «Non credo che ci sia bisogno di un cambio nella linea Ue. Credo sia necessario implementare una posizione di crescita che già c’è. Esiste il problema del rigore. La Merkel ce l’ha chiaro. Si deve trovare un accordo su come fare. E il Consiglio europeo del 23 sarà molto importante per questo». Il commissario Ue «è necessario fare delle politiche per la crescita a breve termine, che si possono fare anche all’interno del Patto di stabilità. Si deve trovare un accordo su come farle».

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