Lavoro, la Fornero si arrocca: «Sull’articolo 18 nessuna modifica»
Un’altra giornata intensa in commissione Lavoro del Senato, dove ieri i relatori Maurizio Castro per il Pdl e Tiziano Treu per il Pd hanno dato il via all’illustrazione degli emendamenti al ddl Fornero arrivati alla “modica” cifra di 1048. Le votazioni, attese secondo il calendario originario per lunedì 30, è molto probabile che slittino al 2 maggio. C’è ancora molto da affinare e qualcosa addirittura da cancellare nella riforma del mercato del lavoro. Ad aprire le danze è stato l’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che ha presentato cinque proposte tra cui la cancellazione per intero dell’articolo che limita i contratti a termine previsto dal ddl. «La legge attuale è migliore», sostiene. Altro tratto di penna il senatore del Pdl lo chiede per cancellare le novità sulle partite Iva nonché l’articolo 66 che riguarda le «finalità dell’apprendimento permanente». Altre due proposte di modifica toccano poi le misure che prevedono un incremento dell’aliquota pensionistica per gli iscritti alla gestione separata Inps.
La fetta più grande degli emendamenti sono a firma Pdl che sta conducendo una battaglia per rendere meno rigide le norme sulla flessibilità in entrata. Apprendistato, partite Iva e contratti a termine, il ripristino delle norme sul “lavoro a chiamata” sparite dal ddl Fornero, estendere l’utilizzo dei voucher: questi, in sintesi, gli aspetti salienti da ritoccare, pur senza sconvolgere la struttura della riforma. I relatori Castro e Treu hanno dimostrato ottimismo sulla possibilità di un accordo col governo su questi punti che andrebbero ad incidere sulle potenzialità occupazionali delle imprese. Anche ieri lo hanno manifestato nel corso del forum proposto dal Corriere.it che ha fatto da “overture” all’intervento in diretta video del ministro Elsa Fornero. Fibrillazione per tutta la mattinata, in attesa delle risposte del ministro ai quesiti dei lettori. Oltre mille le mail sul sito del Corriere, anche se scontate sono state le risposte. La domanda numero uno – quale parte della riforma considera intoccabile? – riceve una risposta abbastanza scontata: «L’equilibrio raggiunto sull’articolo 18».
Deluso chi si aspettava passi in avanti sugli emendamenti governativi in arrivo sulla parte riguardante i licenziamenti. Il relatore al ddl lavoro, Maurizio Castro ci aveva infatti annunciato possibili ritocchi all’articolo 18 sul fronte dei licenziamenti disciplinari, limitando i poteri dei giudici, e modifiche alle norme che rischiano di introdurre minori tutele durante l’appello per i lavoratori licenziati. Ma il ministro non si è sbilanciato e non ha confermato queste possibili novità in arrivo. «Vedremo», ha risposto, «non posso rispondere perché non so di che cosa si stia parlando». Quello che ha tenuto a precisare è che «sull’articolo 18 è stato raggiunto un buon equilibrio che non vorrei fosse messo a repentaglio».
«Non sarò io il ministro ad aver riformato soltanto l’articolo 18» ha rivendicato. «Abbiamo trovato un buon equilibrio in termini di politiche attive per la ricollocazione sul mercato, sulla riforma degli ammortizzatori sociali, su una maggiore flessibilità in uscita per aumentare la produttività, incoraggiare gli investimenti e attrarre capitali dall’estero. Vorrei essere ricordata anche per questo». Una Fornero sulla difensiva contro i suoi detrattori che l’hanno accusata di aver innescato tensioni sociali. Si difende: «Non possiamo far pagare l’onere del debito sulle generazioni future», ha proseguito sottolineando come «l’impianto della riforma vada nella direzione di una maggiore equità intergenerazionale e soprattutto scoraggi la precarietà dando maggiori stabilità professionali ai giovani in ingresso nel mercato del lavoro». Ma la realtà è diversa «Molte cose vanno cancellate, altre vanno corrette», ha ribadito Maurizio Gasparri. «Se ciò come speriamo avverrà, daremo un contributo a una rapida approvazione del ddl. Se non dovesse avvenire, lo diremo con chiarezza. Il governo non potrà contare sull’appoggio del Pdl se insiste su norme che distruggerebbero occupazione anziché crearla».