ABC, una formula provvisoria che non avrà futuro
La formula ABC non ha futuro. Doveva essere la sigla di larghe intese per fronteggiare l’emergenza economica ma adesso i protagonisti di quell’esperienza non ne sono più tanto convinti. Le cause sono evidenti per tutti: da un lato i capricci dello spread e gli sconfortanti dati economici nonostante i sacrifici richiesi agli italiani, dall’altro le fibrillazioni interne sia al Pdl che al Pd, con Casini deciso a diventare lui stesso a sua volta leader di un grande contenitore dei moderati, magari aperto – come ha rivelato nel corso della trasmissione Otto e mezzo – anche ad alcuni ministri dell’attuale governo. Così la A di Alfano appare attestata sulla massima prudenza. La B di Bersani è in preda all’agitazione e la C di Casini rilancia.
Malumori nel Pdl
Si continua con l’appoggio a Monti, ma per il Pdl è una scelta sempre più sofferta. Tutto il disagio del momento lo esprime Fabrizio Cicchito in un’intervista a Il Tempo, sottolineando che il 70 per cento dell’elettorato pidiellino è scontento: «L’abbiamo fatto per senso di responsabilità ma facciamo presente a Monti che c’è un limite invalicabile al rigore. Superato quel limite infatti rischiamo di arrivare al rigor mortis. La società italiana è in una condizione di sofferenza». Sulla stessa lunghezza d’onda Altero Matteoli: «Di troppo rigore si può morire e agitando lo spettro della Grecia si determina panico ed un ulteriore effetto disastroso sui consumi». Per il senatore del Pdl «la crisi è già violenta di per sé, se il presidente del Consiglio e i suoi ministri continuano a parlare di un rischio Grecia ancora possibile, creano altro panico sul futuro e gli effetti possono essere davvero rovinosi per l’economia». «Un governo ha l’obbligo di dare fiducia e di agire con cautela anche negli annunci. Credo che il Pdl debba prendere posizione su quanto sta accadendo».
Bersani guarda al 2013
Anche il leader del Pd rivendica al suo partito senso di responsabilità, e spiega che la formula ABC ha significato solo in questo contesto: «Non credo assolutamente che ci sia una prospettiva politica». Quanto al dopo-Monti, il segretario Pd crede che «dobbiamo vivere in un sistema bipolare con due polmoni, le forze politiche fanno le loro scelte e le dichiarano agli elettori come nelle democrazie normali». Sul premier Mario Monti, Bersani afferma: «Io mi trovo benissimo con lui, penso che sia un democratico ma non voglio certo tirargli la giacca. Se scoprissi un bel mattino che Monti è appassionato alle prospettive politiche del Pd sarebbe una bella giornata». Infine non esclude una sua candidatura a premier: «In base al nostro statuto il nostro candidato premier è il segretario ma io non mi voglio candidare dal notaio. Sono a disposizione ma credo nel collettivo e gli organismi decideranno». Quanto all’arruolamento di attuali ministri tecnici nel Pd, Bersani è cauto ma spalanca le porte: «Nel 2013 ci saranno le elezioni e se i tecnici vorranno fare outing saranno benvenuti, non credo che perderanno le competenze diventando un po’ politici, che è una polemica un po’ stucchevole».
Casini corteggia i tecnici
La polemica era nata dopo le parole dette in tv da Casini: il leader Udc aveva annunciato la costituzione del partito della Nazione prima del voto politico e alla domanda se ci sarebbero stati anche ministri del governo Monti aveva risposto: «Penso di sì». Un’affermazione che non è piaciuta al Pdl. Maurizio Lupi le trova “azzardate”. Se i ministri di Monti – è il suo ragionamento – sono già pronti ad arruolarsi con Casini vuol dire che il governo non è più un governo tecnico. Se i ministri tecnici decidessero di diventare politici, chiosa Maurizio Gasparri, si ritroverebbero «in contraddizione con il ruolo assunto e sarebbe Monti a togliere loro la fiducia da ministri».Tra i primi nomi che vengono in mente, dopo l’azzardo di Casini, c’è quello del ministro della Cooperazione Andrea Riccardi, il quale però ieri ha smentito un suo interesse a scendere in politica: «Sarò al mio lavoro di ministro fino alla fine del governo Monti, poi tornerò a fare le mie cose di sempre; forse, un libro che non riesco a finire».
Azzerata l’Udc
Casini ha però tutta l’intenzione di spingere sull’acceleratore in una fase che vede il centrodestra in ebollizione. Aveva annunciato il partito della Nazione prima del voto del 2013 e ieri è arrivato l’annuncio che da un po’ si attendeva: i vertici del partito saranno azzerati in vista della costituzione del partito della Nazione. È stato Rocco Buttiglione a spiegare quali saranno le successive tappe: una grande assemblea prima dell’estate, forse a Todi, dove far incontrare pezzi del mondo cattolico, del lavoro, impresa e sindacato, con una forza politica che punta a creare la nuova aggregazione del partito della Nazione. Un percorso di cui ieri si è parlato nel vertice dei leader del Terzo Polo, con l’avvertenza da parte di Fini: «Gli annunci li facciamo insieme» che è suonata come un rimprovero al protagonismo di Casini. Francesco Rutelli ha però corretto il tiro, affermando che il nuovo polo non si chiamerà partito della Nazione: «Si tratta di preparare la nuova aggregazione che amplierà il Terzo Polo che sarà un soggetto politico aperto a nuove personalità, non solo agli scontenti degli altri due Poli e, tanto meno una riedizione del vecchio centro-destra o la stampella moderata a una ipotetica maggioranza di sinistra. Sappiamo che dopo la crisi dell’antagonismo bipolare sta affermandosi un antagonismo antipolitico che sarebbe ancora peggiore, in un momento storico in cui occorre, invece, la convergenza tra tutte le migliori forze della democrazia italiana». Un modo per dire che siamo ancora alle ipotesi di lavoro e questa ipotesi non prevede, almeno stando a quando dichiarato da Italo Bocchino, lo scioglimento di Fli: «Il partito della Nazione sarà una federazione, di cui Fli farà parte senza sciogliersi».
La mossa di Pisanu
All’effetto annuncio di Casini si è affiancata ieri un’altra mossa a sorpresa, quella del documento redatto da Giuseppe Pisanu e Lamberto Dini e sottoscritto da 29 senatori di fede pidiellina. Una sorta di manifesto politico, che guarda oltre il Pdl e prelude alla nascita di un nuovo contenitore di area moderata. «Guardando e ascoltando al di là del Pdl, noi avvertiamo che molti liberaldemocratici, oggi diversamente collocati nelle istituzioni e nella società civile, sono disposti ad unire le loro forze e ad avanzare, tutti insieme, una nuova proposta politica». Il documento chiede inoltre sostegno “leale e critico” al governo Monti. Oltre Dini e Pisanu il manifesto è stato firmato da 27 senatori: Paolo Amato, Gabriele Boscetto, Valerio Carrara, Ombretta Colli, Diana De Feo, Ulisse Di Giacomo, Claudio Fazzone, Alberto Filippi, Giuseppe Firrarello, Antonio Gentile, Cosimo Latronico, Raffaele Lauro, Simonetta Licastro Scardino, Salvatore Mazzaracchio, Giuseppe Menardi, Massimo Palmizio, Andrea Pastore, Gilberto Pichetto Frattin, Maurizio Saia, Fedele Sanciu, Giacomo Santini, Giuseppe Ferruccio Saro, Ada Spadoni Urbani, Vincenzo Speziali, Paolo Tancredi, Guido Viceconte, Walter Zanetta.