Ma davvero il problema ora è la Rai?
Credevamo – quasi tutti – che quello dei tecnici fosse un governo “d’urgenza e d’emergenza” che avrebbe risolto i nodi socio-economici che si diceva stessero tirando a fondo l’Italia. Per questa inderogabile esigenza, il presidente della Repubblica ha imposto – e i partiti hanno accettato – una “sospensione della democrazia”. Dimenticato lo spread e abbandonata ogni velleità di rilancio e di sviluppo, ci si assicura da giorni che all’apice delle priorità che deve affrontare il governo Monti c’è nientemeno che la Rai. Perché? Non è chiaro. Che l’azienda pubblica non versi in splendide acque, che vada ripensata, riorganizzata e magari rilanciata è lapalissiano; ma è davvero il problema principe che oggi hanno gli italiani? L’oggetto dal quale potrebbe scaturire la soluzione dei problemi economici, del lavoro, del mancato sviluppo, delle frizioni sociali, della perdita di legittimità della politica e delle istituzioni? Eppure c’è chi sostiene, con una faccia di palta straordinaria, che la maggioranza trasversale che regge Monti stia vacillando per la non disponibilità del Pdl ad affrontare questo nodo epocale. Sia chiaro, i problemi posti sul tavolo non sono il risanamento o il rilancio dell’azienda, né la sorte delle decine di migliaia di lavoratori atipici (se volete chiamateli precari) che spingono la carretta senza tutele o garanzie per il futuro, ma che tipo di “governo” debba avere la Rai e cioè chi ci debba metter le mani sopra. Da chi debba decidere il nome del prossimo direttore del Tg1 sembrano dipendere le sorti e il futuro della nazione. Bersani lo giura, Casini annuisce. Ma voi ci credete?