Ma che Br e furti d’auto, servono fatti e meno parole

17 Mag 2011 19:43 - di

Proviamo a ripartire da una certezza: evidentemente delle Br nelle procure, della bandiera di Hamas di cui straparlava la Santanchè e delle macchine rubate trenta anni fa non frega nulla a nessuno. Capire questo potrebbe essere un buon punto di partenza per un Pdl un po’ frastornato da questo turno di elezioni amministrative. E chissà che il “governo del fare” ora non cominci davvero a pensare ai fatti, anziché affidarsi a uscite estemporanee, chiassose e spiazzanti. La chiave di lettura, del resto, non è originale. La Lega, ad essere onesti, lo ha detto subito. Lo diceva già prima del voto, veramente. Matteo Salvini (capogruppo uscente del Carroccio a Milano ed eurodeputato) già nella campagna elettorale aveva ammonito i compagni di coalizione: «Chi viene a Milano eviti di usare la città per battaglie politiche che poco hanno a che fare con Baggio o Quarto Oggiaro. Il Pdl deve riconoscere gli errori della Moratti, evitare di parlare sempre di tribunali e Br e iniziare a parlare di Milano». Calcoli elettorali? Strategie interne? Smarcamento furbesco? Può darsi. Ma intanto dei problemi di Quarto Oggiaro si è finito per non parlare davvero e la cosa ha ovviamente pesato sul responso delle urne. Altrove, invece, il lavoro sul territorio, la concretezza, il radicamento hanno pagato. Eccome se hanno pagato.

Landolfi e il territorio
Il 52,64% al candidato del centrodestra di Caserta, il 55,44% di Sessa Aurunca, addirittura il 78% di Capua, ad esempio, fanno della provincia campana un’isola felice per la compagine berlusconiana. Mario Landolfi, onorevole del Pdl che quelle zone le conosce bene sia personalmente che politicamente, sembra d’accordo nel riconoscere che il caso Caserta (pur nella limitatezza di un contesto che non può certo essere paragonato a quello milanese) può dare indicazioni preziose a chi voglia evitare certi errori commessi durante questa campagna elettorale. «È vero – spiega – il modello Caserta non esiste solo in relazione alla lotta alla camorra ma anche dal punto di vista politico. Si consideri solo che in tutti i comuni maggiori della provincia il centrodestra ha vinto al primo turno e solo a Santa Maria Capua Vetere siamo andati al ballottaggio, dove comunque crediamo di vincere. Insomma, possiamo veramente dire che Caserta rappresenta un modello virtuoso. In Campania e non solo». Il segreto del successo casertano? Per Landolfi si tratta di «selezionare i candidati in base alle capacità e alla credibilità, non alla fedeltà agli esponenti di partito locali. La politica non è un Risiko per piazzare pedine, i risultati si ottengono solo con l’impegno concreto sul territorio». Tutte cose che secondo diversi analisti il Pdl ha trascurato a Milano, ad esempio. «Premettendo che Caserta e Milano non sono comparabili – spiega l’esponente del Pdl campano – credo che in generale le campagne ad hominem non paghino. Mi riferisco, ovviamente, a quei 20 secondi di black out capitati a Letizia Moratti nel confronto con Pisapia. È stata una fesseria, un errore, peraltro attuato in modo grossolano. Bisogna essere rassicuranti, anche nei toni, non spaventare gli elettori. Ma sono sicuro che ci sia tutto il tempo per recuperare anche a Milano e tutti noi dobbiamo impegnarci per questo».

Scopelliti: il caso Reggio
Fa scuola anche il caso di Reggio Calabria, dove le amministrative hanno premiato la continuità al comune, con l’elezione al primo turno di Demetrio Arena, designato alla successione a palazzo San Giorgio dal governatore (e coordinatore regionale del Pdl) della Calabria Giuseppe Scopelliti.«Siamo stati premiati dai reggini – ha commentato quest’ultimo – nonostante le difficoltà dell’ultimo anno ma oltre al risultato elettorale mi ha fatto molto piacere leggere un titolo sul Corriere della Sera che parla proprio del modello Reggio». Anche qui la ricetta della vittoria sembra semplice: «Non ho mai avuto dubbi sul risultato elettorale. Sono stato tra la gente, ho colto il loro interesse, l’entusiasmo dei partiti e dei candidati». I punti di forza che Arena indica, invece, sono «la compattezza della coalizione» e la «condivisione dei temi». Quest’ultimo aspetto sarà la linea guida, ha annunciato ieri mattina in conferenza stampa, per la costruzione della squadra di governo. «In questa fase che si apre – ha detto – il sindaco ha bisogno di essere un buon allenatore, deve saper adottare delle scelte anche se saranno impopolari, se servono alla città». Scelte anche impopolari. Altro che miracoli.

Campanelli d’allarme

I principali esponenti nazionali del Pdl, del resto, sembrano avere ben presente la necessità di un ripensamento generale di toni, argomenti e approcci alla campagna elettorale. «Il primo turno delle amministrative – ha commentato il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli – ha fatto suonare un campanello d’allarme che sarebbe da sciocchi ignorare. Non è in crisi Berlusconi né il suo carisma. Gli elettori ci hanno mandato a dire che le battaglie del centrodestra sono giuste, sul piano nazionale e locale, ma vogliono ascoltare da noi toni e registri un bel pò diversi rispetto a quelli usati fino a oggi. L’errore di comunicazione in politica è un peccato capitale, non passa inosservato al giudizio degli elettori». Per l’esponente del Pdl «si può riguadagnare terreno a Milano e vincere a Napoli. Ma si deve, soprattutto, superato questo turno elettorale di medio-termine, impostare l’attività di partito e di governo sul registro della concretezza e della serenità. Comunque finisca a Milano, la stabilità dell’esecutivo non è in discussione. Ma non è più sufficiente la stabilità per i prossimi due anni. Il centrodestra deve lavorare a nuovi obiettivi strategici per il Paese, indicare nuovi orizzonti e nuove sfide su cui mobilitare gli elettori. Nulla è perduto ma è giunto il momento di una svolta decisa e netta». Anche Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, ha spiegato che «certamente da Milano è arrivato un segnale chiaro, quando parlano gli elettori bisogna capirli. Per tre volte abbiamo sempre vinto, questa volta abbiamo 15 giorni e siamo certi che i cittadini milanesi non vorranno consegnare il governo della città all’estrema sinistra. Non ci vuole la rissa, ma dobbiamo parlare di quello che i cittadini ci chiedono, abbiamo perso una partita ma lo scudetto si può vincere». Il messaggio sembra arrivato a destinazione, quindi. E per il Popolo delle libertà, ora, ci sono 15 giorni per dimostrare che la lezione è stata compresa per davvero.

Commenti