Non solo franco cfa: il problema dell’Africa sono proprio le sue immense ricchezze

23 Gen 2019 15:31 - di Antonio Pannullo

Nella complessa e travagliata storia della decolonizzazione affrettata dell’Africa, iniziata negli anni Sessanta, emerge un dato, a oltre mezzo secolo di distanza: che l’Europa ha abbandonato troppo affrettatamente quei popoli a loro stessi, con le conseguenze che oggi vediamo. È anche vero che alcuni Paesi ex potenze coloniali, tra cui principalmente la Francia, ma non l’Italia, continuarono a garantire i loro interessi in loco, interessi che erano soprattutto di natura mineraria, petrolio compreso. In questi giorni Giorgia Meloni a giustamente scoperachiato il vaso di pandora del franco cfa, moneta con cui Parigi ha continuato a dirigere l’economia di questi Paesi. Ma non è solo questa la maledizione dell’Africa. La maledizione dell’Africa sono – paradossalmente – le sue immense ricchezze. Nel solo Congo, ad esempio, vi sono rarissimi minerali strategici che servono alla costruzione di telefoni cellulari, di strumenti di guida per i jet e per moltissime attrezzature sofisticate. Cobalto, tantalio, rame, oro, diamanti, petrolio, gas naturale: pensate a un elemento prezioso e in Africa ne troveremo a bizzeffe. Questo per dire che se l’Africa fosse amministrata saggiamente, ossia normalmente, gli abitanti probabilmente non dovrebbero neanche pagare le tasse statali, avendo per giunta a disposizione tutti i servizi e le infrastrutture di un Paese moderno. Sembra un sogno, vero? Invece, dati alla mano, è vero. Ma oltre a quello denunciato da Giorgia Meloni, ci sono almeno altri due problemi che attanagliano l’Africa: uno è quello, ormai noto, della Cina, che in questi anni silenziosamente sta mettendo le mani sul continente nero, comprando il debito estero, milioni di ettari di terreno, edificando città e creando insomma tutte le premesse per una emigrazione cinese di massa nel prossimo futuro. Ma fin qui non c’è nulla di illegale alla fine.

Il Katanga, lo “scandalo geologico” del pianeta

L’altro problema serio, invece, a cui si ricollega quanto detto all’inizio e soprattutto il futuro dei popoli africani, è la presenza delle multinazionali che letteralmente depredano l’Africa di tutte le sue risorse, senza che gli africani ne abbiano benefici. E questo accade soprattutto in Congo il Paese più ricco dell’Africa, una cui regione, il Katanga, fu definita a suo tempo come “uno scandalo geologico”, tanta era la ricchezza che si celava e si cela nel suo sottosuolo. In Katanga, come i meno giovani ricorderanno, si combatté una guerra sanguinosissima, che vide coivolte varie nazioni europee, gli Usa di Kennedy e le Nazioni Unite, che presero parte in favore della depredazione delle risorse minerarie ai congolesi. Brevemente: da una parte c’era il leader katanghese Moise Ciombè che si batteva per i diritti del suo popolo a sfruttare le ricchezze del loro territorio, e dall’altra gli Usa, che miravano alle ricchezze del sottosuolo, i congolesi del comunista Lumumba, venduto alle ex potenze coloniali e anche all’Unione Sovietica, appoggiato con le armi dai caschi blu delle Nazioni Unite che combatterono contro i patrioti katanghesi in favore delle multinazionali. Dopo alterne vicende, il Katanga perse la sua guerra sovranista e le multinazionali, tra cui la famosa Anaconda della famiglia Kennedy, iniziò a estrarre e a vendere il tesoro del Katanga. Oggi come stanno le cose? Ancora come allora: oltre ai mercenari delle multinazionali, perlopiù francesi e americane, che estraggono e portano via con gli aerei i minerali senza pagare le royalties, molte miniere sono gestite direttamente dalle milizie guerrigliere del Congo, alcune islamiche, che occupano i giacimenti e vendono al migliore offerente le preziose risorse, senza naturalmente pagare i diritti a nessuno, forti del potere delle armi e del terrore. Il Congo oggi, paradossalmente, è uno degli Stati più poveri e devastati del mondo: campi profughi, virus ebola, fame, siccità, emergenze di ogni genere. Tutte cose che negli anni Sessanta erano sconosciute. E lo stesso può dirsi per quasi tutti i Paesi dell’Africa: strutture lasciate alla malora, case fatiscenti, epidemie pandemiche continue, povertà, fame. Il discorso sarebbe lungo, ma si sappia che se l’Africa potesse disporre delle sue ricchezze, come sarebbe legittimo, il continente subirebbe un’accelerzione tecnologica e sociale senza precedenti. E forse è proprio questo che fa paura alla “vecchia” Europa e agli Usa.

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