Con l’omicidio di Guido Rossa il comunismo iniziò a divorare se stesso

23 Gen 2019 14:05 - di Antonio Pannullo

Guido Rossa fu assassinato dalle Brigate Rosse perché aveva denunciato i terroristi rossi e aveva anche testimoniato contro di loro. È solo questo il motivo, non c’era nessuna disputa dottrinaria tra comunisti. Era un sindacalista, iscritto al Pci, che coraggiosamente ha detto no alle intimidazioni mafiose-comuniste delle Br e che per questo fu ucciso barbaramente. Addirittura, si è appreso in sede processuale, Rossa non sarebbe dovuto morire, ma lo si doveva solo gambizzare, soltanto che uno dei tre del commando tornò indietro e gli sparò il colpo mortale al cuore. Poi disse che “le spie vanno uccise e basta”. Era l’inizio del 1979, uno degli anni più duri, insieme al precedente, di tutti gli anni di piombo. Già nel ’77 pe rla verità il movimento degli estremisti di sinistra aveva contestato il Pci, ma dopo il sequestro Moro Berlinguer aveva accelerato la presa di distanza dalle Br. Forse fu l’inizio della fine per le Br, perché da allora il gruppo terrorista non trovò più nel sindacato comunista quelle entrature, quelle complicità, quella simpatia che per molti anni avevano avuto in quegli ambienti. Molti Br, non dimentichiamolo, provenivano proprio dal Pci e dal sindacato comunista. Al funerale di Rossa parteciparono più di 200mila persone, con tutte le autorità dello Stato guidate dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Però, ci permettiamo di sottolineare che Pertini né nessun altra autorità dello Stato parteciparono alle esequie dei ragazzi missini uccisi ad Acca Larenzia né a quelli degli altri ragazzi di destra assassinati dai terroristi. Erano morti di serie B rispetto a Guido Rossa,cui va ovviamente tutto il nostro rispetto?

Guido Rossa ricordato dalle autorità

“Pioveva anche quel giorno quando ci fu l’ultimo addio a Guido Rossa. Ci sono giornate in cui passato, presente e futuro non solo si incrociano ma cominciano costruire un futuro migliore. Quella è stata una di quelle giornate, mentre il terrorismo pensava di vincere cominciava a perdere la battaglia”. Lo ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti intervenendo alla cerimonia in ricordo di Guido Rossa, l’operaio e sindacalista dell’Italsider ucciso a Genova dalle Br nel 1979. Toti nel suo discorso durante la cerimonia ufficiale a 40anni dalla scomparsa di Rossa, nello stabilimento ArcelorMittal di Cornigliano alla presenza del Capo dello Stato, ha ricordato il giorno dei funerali dell’operaio in cui la città unita, una folla da 250mila persone, si raccolse in piazza De Ferrari.  “L’ultima volta i cui i genovesi si sono visti tanto numerosi – ha aggiunto – è stato il 14 settembre scorso, ad un mese dal crollo di ponte Morandi. Lo spirito era molto simile: la voglia di sconfiggere un passato diverso per accadimenti, ma ugualmente orribile, e cominciare a costruire il futuro”. “In quella piazza – ha concluso il governatore – si è rinsaldato un patto sociale che ci fa essere tutti parte della grande storia e del futuro del nostro Paese. Un grande patto sociale di cui l’Italia oggi ha assolutamente bisogno”. Anche il segretario generale di Confintesa Francesco Prudenzano ha ricordato il sindacalista della Cgil ucciso 40 anni fa: “Tra gli oltre ottanta omicidi perpetrati dalle brigate rosse, quello di Guido Rossa, il sindacalista dell’Italsider che militava nella Cgil avvenuto quarant’anni fa, rappresenta sicuramente uno spartiacque che costrinse la sinistra politica e sindacale a prendere le distanze dai nuclei che si muovevano all’interno dell’area di sinistra e anche del sindacato”. Lo afferma Prudenzano ricordando il quarantesimo anniversario della morte di Guido Rossa. “Confintesa vuole onorare la figura di un sindacalista che ha pagato con la vita un gesto di coraggio che mise in atto in totale solitudine essendo stato lasciato solo proprio dalla sua organizzazione sindacale. Solo dopo quell’atroce delitto – continua Prudenzano – il sindacato e il Pci presero le distanze dai nuclei che, all’interno del sindacato e della sinistra politica, fino ad allora venivano semplicemente definiti come compagni che sbagliano. Guido Rossa – conclude Prudenzano – dopo quarant’anni rimane ancora un esempio di coraggio e di spirito civico che appartiene alla storia del nostro Paese e non può essere strumentalizzato né da destra né tantomeno da quella sinistra che nel 1979, come recentemente affermato dalla figlia Sabrina, lo lasciò solo a denunciare i brigatisti per poi abbracciarlo solo da morto”.

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