“Madre!” di Aronofsky: tentativo fallito di mettere insieme la Bibbia e l’horror

6 Ott 2017 11:46 - di Francesco Fratta

Dopo il passaggio infelice al festival di Venezia approda nelle sale Madre!, il nuovo film di Darren Aronofsky, regista statunitense famoso per opere come Il Cigno Nero e Requiem for a dream, e diventato uno degli autori più interessanti del panorama americano contemporaneo.

Il film aveva suscitato molta curiosità grazie a un battage pubblicitario abbastanza criptico, e soprattutto per le aspre critiche ricevute a Venezia. Madre! racconta di una coppia che vive isolata in una casa di campagna. La relazione tra i due non va proprio a gonfie vele. Lui (Javier Bardem) è un poeta in cerca di ispirazione, mentre lei (Jennifer Lawrence) si occupa di ricostruire e ristrutturare la loro casa, cui è molto legata così come è profondamente devota al marito. La loro quotidianità viene interrotta da una serie di visite di sconosciuti, sempre ben accolti da lui ma non da lei, che andranno a minare definitivamente la sorte della relazione e dell’abitazione.

Da come viene presentata da trailer, poster e altri contenuti promozionali, la pellicola può sembrare un horror, un thriller claustrofobico o psicologico. Madre! non è niente di tutto questo ed è molto difficile catalogarlo in un genere, il che rende inevitabile una pubblicità ingannevole. Il film si inserisce in quella serie di opere tendenti al surrealismo e all’allegoria, fallendo però in tutti gli obiettivi che si pone.

Tutto ciò che vediamo, dai primi ospiti accolti nella casa fino al delirio finale di incontri e situazioni surreali, è una metafora della storia dell’umanità. Il regista mette in scena l’evoluzione dell’uomo intrecciandola a temi religiosi, partendo dalla Genesi biblica, con vari riferimenti a Adamo ed Eva, al Diluvio Universale e così via (non a caso il lavoro precedente di Aronofsky è «Noah», storia dell’arca di Noè), fino alla nascita dei culti religiosi. La casa, unica ambientazione degli eventi, rappresenta l’Eden e la Terra. I due protagonisti invece incarnano due Potenze Creatrici, mentre lui come Dio crea ed è venerato dai fan ciò che simboleggia lei è poco chiaro (l’amore di Dio? Madre Natura?), nonostante sia la moglie il perno del film, infatti la macchina da presa segue solamente i suoi movimenti.

La scarsa chiarezza si riflette del resto anche nella relazione della coppia e nei loro disagi. Il problema principale però è la mancanza di coraggio di Aronofsky: in Madre! non troviamo spunti di riflessione, domande, né tantomeno una visione conclusiva dell’autore. Tutto questo farraginoso discorso simbolico (che punta malamente ad essere anche metafisico) non porta a nulla, risulta solo un esercizio di stile sterile e fine a se stesso. Con un finale assolutamente inutile, che inserisce altre tematiche e mischia ancora di più le carte.

I problemi dell’aspetto metaforico si accompagnano a una piattezza dal punto di vista dello stile. Il film vorrebbe essere un’esperienza visiva e sensoriale che colpisca e impressioni lo spettatore, ma la pellicola di Aronofsky manca completamente di immagini forti e d’impatto, mentre quelle indirizzate verso questo scopo appaiono gratuite e ridicole. Inoltre il film difetta anche di un lavoro sui suoni particolare e disturbante, che avrebbe giovato al taglio stilistico. Tutte caratteristiche che ritroviamo peraltro in altre opere del regista, senza le pretese di Madre!.

Interessante l’interpretazione di Jennifer Lawrence, molto diversa da quelle a cui l’attrice ci ha abituato, vestendo i panni di personaggi forti ma fuori dalle righe. Rimane l’originalità del progetto, l’idea di trattare queste tematiche in maniera inusuale, purtroppo sviluppati nella maniera peggiore, rendendo Madre! un film vuoto e senza anima. Le grandi capacità di Aronofsky di riuscire a toccare nel profondo lo spettatore, lasciandolo anche straziato, sono totalmente assenti. A dimostrazione forse del fatto che è più congeniale a questo autore l’indagine della mente umana in un contesto terreno (che l’ha portato ai successi passati) senza addentrarsi troppo sul piano simbolico.

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