Chiesa più alta della statua di Mao: neomaosti e nostalgici scatenano l’inferno

14 Mag 2017 12:05 - di Lara Rastellino

La Chiesa è più alta della statua di Mao: e sui social neomaosti e vecchi nostalgici scatenano l’inferno. Proprio così, è diventata tutta una questione di metri. 48 per l’esattezza, quelli che separano  la statua di Mao Zedong e la chiesa protestante di Xingsha nella città cinese di Changsha. Una differenza offensiva, a detta dei nostalgici maosti e delle nuove leve di sostenitori del credo comunista che, a furia di polemiche rimbalzate sui social, fanno apparire quei metri distanze misurabili in anni luce di lontananza tra il passato storico rigorosamente comunista e l’attualità modernizzatrice.

La Chiesa più alta della statua di Mao: è caos

Eppure tanto è bastato per scatenare la bufera arrivata a imperversare anche sulle colonne del New York Times, a detta del quale la Chiesa sarebbe alta circa una ottantina di metri, mentre la statua di Mao scolpita nella roccia si fermerebbe a quota 32. Un oltraggio che si considera elevato al quadrato se pensiamo che Changsha, la città che ospita l’edificio religioso, è anche il luogo in cui Mao ha trascorso la sua giovinezza, il che giustifica, da parte dei sostenitori del fondatore della Repubblica Popolare le mastodontiche dimensioni della statua dedicata al Grande Timoniere, ma di certo non spiega la costruzione della gigantesca chiesa che rischia di farle ombra (anche metaforicamente parlando). Fatto sta che, tra indefessi reazionari e neomaoisti all’assalto, i social cinesi si sono trasformati nel terreno di scontro tra chi ha scatenato addirittura argomenti come “la sicurezza ideologica della Cina” e chi, invece, ha letto in quella colossale edificazione una ulteriore simbolo del successo, tutto moderno, della Cina di oggi. E tra chi urla allo sperpero di denaro pubblico e chi inneggia alla magniloquenza architettonica dell’ambizioso nuovo corso cinese, c’è anche chi paventa quanto già accaduto nel recente passato quando, per esempio a partire dal 2014, sulla fascia costiera del gigante asiatico – in particolare nella provincia dello Zhejiang – molte chiese sono state abbattute per diversi ordini di motivi, tra i quali, guarda caso, proprio l’altezza degli edifici demoliti, all’indice della nomenclatura cinese per il fatto di superare –in termini di metri o di cm ha fatto poca differenza – la  sede locale del Partito Comunista.

I rapporti tra Stato (cinese) e Chiesa

Al di là della ferita inferta all’orgoglio comunista, dunque,  polemiche sterili e aspri conflitti ideologici altro non sono, in realtà, che le immagini riflesse nello specchio di un inconfessabile dissidio socio-culturale che da sempre dilania l’anima della Cina: quello tra religione e politica (laddove l’unico credo che Pechino da sempre impone è quello comunista). Su tutto, infatti, aleggia da un lato un tentativo di apertura – in qualche modo perseguito dallo stesso presidente Xi Jinping rispetto alle fedi tradizionali cinesi, dall’altro è indubitabile che, sul piano politico, i rapporti tra Chiesa cattolica e establishment cinese sono di fatto fondamentalmente interrotti dal 1951, cioè dall’espulsione dell’ultimo nunzio apostolico dalla Repubblica Popolare Cinese. Con buona pace dei progressi diplomatici registrati negli ultimi anni e di chi, ottimisticamente, sostiene che Pechino e la Santa Sede sarebbero vicini a un “consenso preliminare” sulla spinosa questione della nomina dei vescovi. Ma questa è, davvero, un’altra storia…

 

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