“Caschi bianchi” siriani sempre più gialli: jihadisti manipolatori o eroi?

8 Apr 2017 16:00 - di Guglielmo Gatti

Anche a Idlib i primi ad arrivare sono stati i Caschi bianchi siriani, che arrivano dove i giornalisti indipendenti non possono arrivare. E ai quali forniscono foto e versioni dei fatti. I Caschi bianchi della Syria Civil Defence, un gruppo di circa tremila volontari siriani che si occupa di assistere i civili nelle zone in mano ai ribelli in Siria, hanno espresso soddisfazione per l’Oscar come miglior cortometraggio assegnato a The White Helmets qualche settimana fa. ”Siamo felici che i nostri sacrifici e la sofferenza del nostro popolo possano essere mostrati a molte persone del mondo”, ha detto Abdel Rahman Hassan, uno dei volontari. ”Il nostro obiettivo è quello di salvare persone, proteggerle e sperare che questa guerra termini presto in modo che possa tornare la pace per il nostro popolo”, ha aggiunto. I Caschi bianchi affermano di aver salvato 60mila vite nelle zone controllate dai ribelli in Siria. I sostenitori del legittimo governo di Damasco invece li accusano di avere legami con le fazioni islamiche, compresa la cellula di al Qaeda in Siria. I Caschi bianchi sembrano, a un esame superficiale, dei veri eroi, ma la consegna dell’Oscar ha fatto nascere qualche sospetto: non è un segreto per nessuno che Hollywood sia da tempo schierato contro il presidente siriano Assad e che tutto l’establishment internazionale sia dalla parte dei golpisti, i terroristi islamici che hanno tentato senza riuscirci di rovesciare con la violenza un governo legittimo.

I Caschi bianchi fotografatissimi con i bambini

I detrattori dei Caschi bianchi fanno notare che vi sono moltissime foto e video dei soccorritori con in braccio bambini, in cui vedrebbero una spettacolarizzazione del dramma tesa a sollecitare sentimenti di commozione nel pubblico internazionale. Secondo molti giornali anglosassoni inoltre, i Caschi bianchi sarebbero stati creati dalla Purpose Inc americana, che ne ha creato anche il nome, e dietro vi sarebbe un’autentica operazione di marketing mediatico. Inoltre i Caschi bianchi sono finanziati, come tutti i Free Syrian Army da aiuti americani e inglesi, per svariate decine di milioni di dollari. Il gruppo sarebbe stato addestrato nel 2013 da un ex 007 inglese residente ad Abu Dhabi. Dal Natale 2013, inoltre, fa notare qualcuno, ogni due mesi compare un video di bambino salvato dalle macerie: poiché tali immagini hanno avuto successo, l’operazione, sempre secondo i detrattori, è stata serializzata. Si fa anche notare che spesso i bambini vengano estratti dalle macerie completamente illesi e con il loro giocattolo preferito tra le mani: grida Allah akbar accompagnano i salvataggi insieme con pianti di donne. Si vedono poi ragazzi eroici schivare i colpi dei cecchini per salvare i bambini. Questi video e foto vengono pubblicati dalle maggiori testate internazionali. Tra le altre accuse ai Caschi bianchi, quella di avere tra i propri elementi dei guerriglieri islamici e di stornare parte dei loro cospiscui finanziamenti ai gruppi armati islamisti. C’è anche un episodio mai chiarito: nell’aprile 2016 al capo dei Caschi bianchi al Saleh fu proibito l’ingresso negli Usa di Obama. Perché? I Caschi bianchi poi riceverebbero anche soldi dalla Open society Foundation, di George Soros, che non è esattamente un amico di Assad e di Putin. I Caschi bianchi sono addirittura stati proposti per il Nobel, e scommettiamo che ci arriveranno, grazie a questa stupefacente propaganda acriticamente accettata da tutto il mondo. Poi perché i Caschi bianchi siano operativi solo nelle zone controllate dagli estremisti islamici è una cosa da chiarire. Infine, i Caschi bianchi sono i migliori propagandisti di loro stessi, in quanto agiscono senza concorrenza: gli ultimi due giornalisti che si sono avventurati nelle zone controllate dagli jihadisti, James Foley e Stephen Sotloff, sono stati decapitati dagli stessi, ma i Caschi bianchi continuano ad agire in quelle zone indisturbati. Il fatto che fece dubitare dei Caschi bianchi fu la loro testimonianza, nel settembre scorso, di un bombardamento russo contro la Mezzaluna Rossa che portava aiuti umanitari in un certo villaggio. Ma i Caschi bianchi avrebbero dovuto essere in un villaggio controllato dal gruppo terrorista Nour al Din al Zinki, famoso per aver tagliato la testa a un ragazzo palestinese. Ma com’è, si chiedono in tanti, che a loro non li toccano mai? Se è un’operazione di propaganda, finora è perfettamente riuscita. Non è la prima né l’ultima, che si vede nei teatri di guerra, e soprattutto in questo teatro di guerra.

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