La piazza dei terremotati fischia la Boldrini. «La terra trema, noi no» (foto)

2 Feb 2017 12:34 - di Gloria Sabatini

Sono tanti e sono arrabbiati. Cartelli artigianali, Lesi non arresi”, magliette con la scritta “Daje Marche”, striscioni su stoffa bianca che trasudano rabbia, il più grande sorretto da donne e anziani recita “La terra trema/noi no/restiamo in piedi”. Sono arrivati dalle Marche e dall’Abruzzo a piazza Montecitorio per far sentire il fiato sul collo al Parlamento, Laura Boldrini in testa,  e al governo «delle promesse non mantenute» (dice un ragazzo che sventola lo stendardo del comune di Treia).

I terremotati a Montecitorio: basta passerelle

Microfono aperto per le testimonianze. C’è l’operatrice turistica che con la voce rauca racconta la sua storia, «devo tornare al mio lavoro, devo tornare in montagna e lo farò con orgoglio, ma dovete starmi vicina, mi sento sola». C’è un omone romagnolo, pala in mano, che ruba la scena:«Con i miei ragazzi di San Marino sono andato a Capitignano, in provincia de l’Aquila, per dare una mano. Con sei turbine, e i ricambi. “Chi vi manda?” mi hanno chiesto, “la Provvidenza”, ho risposto, e ci siamo attivati da volontari. Ma come si fa? – aggiunge polemico – ad andare in mezzo alla neve di due metri con una turbina senza ricambi?».

La Boldrini promette sburocratizzazione

La piazza si riempie a poco a poco davanti alle transenne di piazza Montecitorio. Francesco Pastorella, uno dei promotori del sit-in, da settimane impegnato nelle zone terremotate (ha dovuto subire lo choc del crollo della sua casa appena ristrutturata), prende la parola e annuncia che una delegazione sarà ricevuta dalla presidente della Camera. Al nome di Laura Boldrini i manifestanti perdono la pazienza e partono i fischi e i “buuu” interrotti da Pastorella che spiega: «Io sono con voi. Andiamo per far sentire le nostre ragioni». E arrivano gli applausi. Al termine dell’incontro con la delegazione di terremotati abruzzesi la terza carica dello Stato dice di comprendere la loro “frustrazione” e scopre, con un certo ritardo, che la burocrazia è il cancro dell’Italia.

«Loro stanziano i soldi, ma a noi non arrivano»

«È il principale ostacolo, questo ce lo dicono i sindaci e le persone che ci vengono a sottoporre i problemi. E lo vediamo direttamente anche noi, non ci vuole molto a dedurlo», dice promettendo che nel decreto (in discussione in queste ore) «ci sarà una parte che, oltre alle risorse, si occuperà anche della sburocratizzazione dei passaggi. È una parte necessaria, per consentire poi di mandare avanti una macchina che si deve relazionare col fatto che se c’è una nuova scossa bisogna ricominciare tutto daccapo». La presidente ci ha detto che modificheranno la busta paga  per i lavoratore, che si attiverà per un crono-programma per rispettare gli impegni – racconta Pastorella al termine dell’incontro – «va bene, loro fanno leggi e stanziano soldi, ma a noi non arrivano. Sono previsti 4 miliardi fino al 2020 e 7 fino al 2048. Per il terremoto del 1997 ne sono stati spesi 13». Ci trattano come deportati, dicono gli sfollati che con il terremoto hanno perso tutto, lavoro, casa, amici, famigliari, lavoro.
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