Polizia francese in rivolta: «Non ne possiamo più, vogliamo Marine Le Pen»

20 Ott 2016 10:03 - di Franco Bianchini

Prima i jihadisti, poi i manifestanti violenti, infine le banlieue: la polizia francese, sull’orlo di una crisi di nervi fra lavoro straordinario e rischi che aumentano ogni giorno, è esasperata. Da due notti manifesta, a sorpresa, con sirene e lampeggianti. Chiede le dimissioni dei capi, vuole un’organizzazione più umana dei turni di lavoro ma soprattutto pretende maggiore sicurezza e tutela.

La protesta in piazza della polizia francese

Il governo, come riporta un servizio dell’Ansa, alla seconda notte di protesta della polizia francese ha deciso di trattare. Il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha ricevuto una delegazione sindacale degli agenti e ha lasciato poi capire che i ventilati provvedimenti disciplinari per chi ha partecipato alla protesta non ci saranno. I poliziotti restano intanto fermi sulla loro minaccia di tornare in piazza fra una settimana con una manifestazione silenziosa. La notte fra lunedì e martedì, verso l’una, le auto della polizia francese hanno addirittura dato vita a caroselli con i lampeggianti attorno all’Arco di Trionfo, bloccando per lunghi tratti gli Champs-Elysees. L’annuncio di provvedimenti per i manifestanti ha avuto l’unico effetto di provocare una nuova manifestazione, la notte scorsa, stavolta ad Evry. Gli agenti erano ancora più numerosi, centinaia, tutti in uniforme ed hanno fischiato il direttore generale Jean-Marc Falcone, accorso nel tentativo di raffreddare gli animi. Ne hanno chiesto le dimissioni in coro, circondando minacciosamente l’auto del dirigente e intonando, mentre si allontanava, una provocatoria “Marsigliese”. «Esasperazione» è la parola che i sindacalisti usano di più per descrivere l’allarmante stato d’animo e la fatica fisica e mentale dei poliziotti, sottoposti a uno stress inedito dall’inizio del 2015, con gli attentati terroristici a catena, poi con la necessità di pattugliare il territorio, quindi con le manifestazioni anti-jobs act (una decina tutte conclusesi con guerriglia urbana) e con gli agguati in banlieue. Proprio l’ultimo di questi, l’8 ottobre, bottiglie molotov lanciate contro auto di pattuglia a Viry-Chatillon, banlieue sud di Parigi, è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Vincent, appuntato di 28 anni, è gravemente ustionato al viso e alle mani, ed è ancora all’ospedale Saint-Louis. Tutte le sere, gruppi di suoi colleghi si riuniscono sotto le sue finestre in silenzio, per testimoniare la solidarietà, ma anche la rabbia e la protesta. Uno su due, rivela un sondaggio di Bfm Tv, è pronto a votare per il Front National di Marine Le Pen. «Abbiamo più che mai bisogno dei poliziotti – ha dichiarato Cazeneuve dopo l’incontro con la delegazione – il valore che dobbiamo difendere insieme è la nozione di rispetto, il rispetto che è dovuto ai poliziotti, ai gendarmi, agli insegnanti, al personale ospedaliero, a tutti quelli che incarnano lo stato. E il rispetto che i poliziotti devono alla loro gerarchia e che la loro gerarchia deve loro». Parole che sottintendono un’intesa sul nodo dei provvedimenti punitivi ma che non hanno rassicurato del tutto la polizia francese. Chiedono alla giustizia penale nuove regole più dure per i criminali arrestati, vogliono condizioni di lavoro più umane e un’organizzazione che consenta loro di vivere con meno tensioni la delicata missione dell’ordine pubblico. Smorzando il sentimento di crescente ostilità nei loro confronti che avvertono fra la popolazione, primi fra tutti giovani e studenti.

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