Ora i detenuti in carcere duro possono andare al cimitero dai familiari defunti

19 Apr 2016 9:20 - di Gabriele Alberti

Anche un detenuto ristretto al carcere duro del 41bis, condannato all’ergastolo per omicidi e altri reati di rilievo, aggravati dal metodo mafioso, ha diritto ad ottenere il permesso speciale di andare a pregare o a sostare in raccoglimento sulla tomba di un familiare stretto appena morto. Lo sottolinea la Cassazione, con la sentenza 15953, accogliendo il ricorso di Claudio Vitale (46 anni), condannato al carcere a vita ed esponente della Sacra Corona Unita, al quale il magistrato di sorveglianza di Cuneo, dopo un iniziale via libera a partecipare a Surbo (Lecce) al funerale del fratello morto per un malessere improvviso, aveva revocato il permesso su sollecitazione del Dap del Ministero della giustizia. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva evidenziato «il grave rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica poiché la presenza del condannato in una pubblica cerimonia avrebbe creato turbamento propria nell’area geografica dove l’organizzazione criminale è più forte». Al detenuto non era stato concesso nemmeno di andare sulla tomba del fratello, a esequie avvenute, e sotto scorta. Questa decisione non è stata condivisa dalla Suprema Corte che ha fissato il principio di diritto per cui «rientra nella nozione di evento familiare di particolare gravità eccezionalmente idoneo, ai sensi dell’art.30 secondo comma della l.26 luglio 1975, n.254, a consentire la concessione del permesso di necessità, la morte di un fratello in conseguenza della quale il detenuto richieda la possibilità di unirsi al dolore familiare, in questo risolvendosi la sua espressa volontà di pregare sulla sua tomba, giacché fatto idoneo ad umanizzare la pena in espiazione ed a contribuire alla sua funzione rieducativa». Ora il magistrato di sorveglianza deve rivedere il suo “no”.

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