Scandalo internazionale, ma la frase citata da Trump non è di Mussolini…

28 Feb 2016 18:12 - di Antonio Pannullo

Che scandalo, quanti indignati per la frase che il candidato repubblicano alla corsa per Casa Bianca Donald Trump ha twittato: “Meglio un giorno da leone che cento anni da pecora”.  Però pochissimi, anche qui in Italia, sanno che la frase non era di Mussolini, che comunque la fece sua, ma da un bersagliere della Grande Guerra: Ignazio Pisciotta, militare e scultore, nato a Matera nel 1883 e morto a Sanremo nel 1977, generale dei Bersaglieri. Ma al tempo della Grande Guerra Pisciotta era un capitano, un ufficiale già mutilato di guerra nonché valoroso combattente, perché benché ferito nel 1911, riuscì a farsi arruolare nuovamente come ufficiale di collegamento, nonostante avesse una mano di meno, la destra. Questo non gli impedì però di vergare con la sinistra sui muri sbrecciati dai combattimenti, le celebri massime che ispirarono Mussolini e il fascismo per tutti gli anni a venire; sua infatti è la frase “Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora”, ancora oggi utilizzata ed entrata nell’immaginario collettivo degli italiani, e non solo degli italiani, a quanto pare, così come l’altra frase “Tutti eroi, o il Piave o tutti accoppati”, che tanto incitamento e impulso dette alle nostre truppe per passare quel fiume e vincere la guerra. Dopo la Seconda Battaglia del Piave fu decorato sul campo dal re in persona con una seconda Medaglia d’argento al Valor militare per il suo eroismo. Fu in questo periodo che ideò e scrisse sui muri dei teatri di guerra le famose incitazioni patriottiche “Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati!”, e la più celebre “Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora”, che colpirono Mussolini e che fu rilanciata con grande fortuna durante tutto il ventennio fascista, finendo anche sui libri di testo.

Mussolini adottò la frase come sua, che finì anche sui libri di testo

Nominato maggiore dei Bersaglieri, alla fine della guerra Pisciotta fu congedato e destinato alla direzione dei vari musei storici del Bersaglieri, lavorando, tra l’altro, a Milano e a Roma. In tutti quegli anni non disse mai di essere stato lui l’autore di quei motti, per modestia e per umiltà, fino a che successive ricerche hanno dimostrato la sua paternità e ritrovato addirittura i pezzi di muro su cui lui li vergò. Tanto che ancora oggi si crede che sia stato lo stesso Mussolini a idearle, ma non fu così. Per molti anni, durante il fascismo e dopo, si pensava che quelle frasi fossero state scritte da qualche ignoto fante della Grande Guerra, fino a quando, nel 1958, si accertò che l’autore era Ignazio Pisciotta, e si ritrovarono anche i pezzi di muro originali: il Museo civico del Comune di San Donà di Piave li conserva lungo la cinta dell’Ossario di Fagarè. Le due pareti originariamente si trovavano presso la stazione ferroviaria del paese. In un articolo di Il Tempo si racconta che Pisciotta non rivelò mai di essere lui l’autore delle frasi e che, quando la notizia negli anni Cinquanta fu resa pubblica, non arrivò alcuna smentita. In seguito la paternità delle scritte fu corroborata da numerose testimonianze di altri ufficiali, ma Pisciotta, che nel frattempo aveva guadagnato altre decorazioni tra cui la Croce di Guerra, non aprì mai bocca sull’argomento e sulle frasi, che intanto erano state scritte sui libri di testo delle scuole e divenute popolarissime in tutta Italia. Gli è stato dedicato il Museo storico di Matera, città alla quale fu sempre legatissimo e che citò anche in un suo autoritratto conservato a Roma.

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