Migranti, pure la Francia di Hollande si sfila dalle quote. Seguita dall’Ungheria

18 Mag 2015 13:24 - di Desiree Ragazzi

Dopo il Regno Unito anche la Francia di Manuel Valls si è sfilata dal piano Juncker sulla ripartizione dei migranti. Il primo no al sistema delle quote è targato David Cameron:  il premier inglese non ha, infatti, esitato ad arginare le ambizioni dell’Unione europea verso un sistema di quote obbligatorie per l’accoglienza dei migranti. Ora l’altolà, peraltro “inaspettato”, è giunto anche dal governo di sinistra guidato da Hollande. Non a caso in cinque giorni mille migranti sono stati fermati al posto di frontiera franco-italiano di Mentone.

Piano Juncker, il no della Francia alle quote dei migranti

La decisione della Francia è arrivata domenica, alla vigilia di un Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa che dovrà decidere se e come i paesi Ue assumeranno una quota dei migranti che sbarcano sulle coste europee. Per motivi politici interni, hanno detto gli osservatori.  Le questioni migratorie sono al centro di forti polemiche in Francia. Tanto che sabato Valls ha rinunciato a vedere a Cannes la proiezione di un film di Nanni Moretti in gara al Festival e si è precipitato a Mentone dove ha dichiarato  di «essere contrario all’instaurazione di quote di migranti» e ha aggiunto che «questa idea non ha mai fatto parte delle proposte francesi». Il pericolo potenziale per l’immagine del governo rappresentato dal piano Juncker ha spinto Valls a convocare d’urgenza anche il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve. Questo perché proprio Cazeneuve, meno di una settimana fa, aveva definito “normale” la «ripartizione dei migranti fra i diversi paesi Ue». «Con il presidente della Repubblica – ha confidato Valls al Journal du Dimanche – abbiamo pensato che bisognava alzare molto la voce perché non ci fosse alcuna ambiguità».

La reazione dell’Italia

Una posizione che a  Federica Mogherini, rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, è apparsa incomprensibile: «Mi aspetto che gli stati membri, gli stessi che hanno chiesto alla Ue di agire velocemente e efficacemente, consentano all’Europa di essere efficace in questa azione in tutti i suoi aspetti: nell’operazione navale, nel salvataggio delle vite in mare e anche nella gestione delle vite che salviamo». Dal canto suo, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha detto: «Sarebbe molto amaro se ci fossero passi indietro». Il centrodestra va all’attacco. «Il piano Ue sulla distribuzione degli immigrati – ha detto Maurizio Gasparri – rischia di saltare e con esso tutta l’agenda messa a punto qualche giorno fa. La Francia si è apertamente e decisamente ribellata all’ingresso dei clandestini e alle quote. Cameron dal canto suo si è più volte espresso contro l’incontrollato flusso di immigrati a Londra. Anche la Germania ha storto il naso limitandosi per ora a qualche irrisorio supporto per il rafforzamento di Triton. L’Europa – ha puntualizzato – ancora una volta non c’è, oppure esiste solo per portare nuovi clandestini in Italia. Nel prossimo consiglio dei ministri degli Esteri e degli Interni va risolta la questione e Alfano deve soprattutto pretendere maggiori dettagli sugli interventi in Libia, per stroncare i trafficanti e distruggere i barconi.».

Il fronte anti-quote affila le armi

Anche l’Ungheria si è detta pronta a guidare la rivolta. «La posizione del mio governo è chiara: siamo contrari alle quote obbligatorie. E credo lo siano anche altri Paesi: la Repubblica Ceca, la Slovacchia, i Paesi Baltici, la Polonia e il Regno Unito. E, se non sbaglio, ora si è aggiunta anche la Francia» ha detto Szabolcz Takacs, ministro per i rapporti con l’Europa. Alla domanda se il suo governo si stia impegnando attivamente per ampliare l’alleanza antiquote, Takacs ha spiegato: «Assolutamente sì, siamo in contatto con gli altri Paesi contrari e stiamo cercando di rinsaldare i legami tra di noi e trovare altri alleati. Noi appoggiamo la posizione che era stata adottata prima del piano, al vertice jumbo dei ministri degli Esteri e degli Interni. Dobbiamo trovare soluzioni direttamente nei Paesi che sono all’origine dell’immigrazione».

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