Dopo la strage dei tre israeliani risale la tensione: assassinato un giovane palestinese

2 Lug 2014 19:02 - di Antonio Pannullo

Come si prevedeva, il rapimento seguito da assassinio dei tre ragazzi israeliani ha scatenato la violenza in Medio Oriente, in un’escalation che non si vedeva da anni: il cadavere di un giovane palestinese è stato trovato dalla polizia israeliana in un bosco di Gerusalemme, dopo che la famiglia aveva denunciato il suo rapimento. Lo ha riferito la radio militare, secondo cui non è escluso che il delitto sia stato compiuto da ultrà ebrei in ritorsione per la uccisione dei tre ragazzi in Cisgiordania. Fonti locali riferiscono che il giovane è stato fatto salire a forza su un’automobile mentre si recava all’alba a pregare in una moschea nel rione di Beit Hanina, a Gerusalemme est. A quanto pare l’episodio sarebbe stato ripreso da telecamere di sicurezza. La polizia israeliana si limita per il momento a confermare il ritrovamento del cadavere e afferma che sta investigando «in direzioni svariate». Immediatamente la polizia di Gerusalemme ha chiuso la Spianata delle Moschee – chiamata dagli ebrei Monte del Tempio – per paura di possibili incidenti. A Beit Hanina e Shufa – a Gerusalemme est, da dove il ragazzo proveniva – ci sono stati incidenti tra palestinesi e forze di polizia. Prosegue intanto la caccia agli assassini dei tre ragazzi israeliani rapiti e uccisi in Cisgiordania. Martedì notte scorsa le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato 42 palestinesi. Eccetto uno – hanno detto i media – gli arrestati sono tutti attivisti di Hamas, inclusi alcuni rilasciati in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit. Nessuna traccia al momento dei due palestinesi che Israele ritiene responsabili del rapimento e della morte dei ragazzi. La tensione è alle stelle: il presidente palestinese Abu Mazen ha chiesto a Israele di condannare il rapimento e l’uccisione del giovane palestinese a Gerusalemme. La richiesta di Abu Mazen ricalca quella avanzata dal premier israeliano Benyamin Netanyahu durante il rapimento dei tre ragazzi israeliani. Cosa che Netanyahu ha fatto subito dopo, definendo «un crimine abominevole» l’omicidio del giovane palestinese, ritenuto da più parti un possibile gesto di rappresaglia per la morte dei tre ragazzi ebrei.  Netanyahu – che ha incontrato a Gerusalemme il ministro della pubblica sicurezza Yitzhak Aharonovich – ha chiesto «un’immediata inchiesta sull’uccisione del giovane palestinese e sulle circostanze intorno alla morte. Israele – ha aggiunto – è un Paese di legge e ognuno è obbligato ad agire in accordo con la legge stessa». Aharonovich ha detto di «temere un sospetto rapimento, sappiamo sul ragazzo che è stato probabilmente rapito e pensiamo anche che ci sia una connessione con il corpo (ritrovato). Queste cose sono ora sotto inchiesta». Anche il governo dell’Anp attraverso il suo portavoce, Ihab Basseso, ha condannato il rapimento e l’uccisione del giovane palestinese a Gerusalemme est. L’Anp ha chiesto alla comunità internazionale di agire attraverso «istituzioni legali e umanitarie per proteggere dalla continua escalation di violenza da parte di Israele». Più dura la reazione di Hamas, secondo cui «Israele pagherà il prezzo dei suoi crimini. Il nostro popolo – è scritto in un comunicato, citato da fonti locali – non resterà inerte davanti a questo crimine omicida, né a nessun altro assassinio o incendio o demolizione commesso da orde di coloni». E gli effetti di queste promesse di odio sono subito evidenti: tre colpi di mortaio provenienti dalla Striscia di Gaza sono caduti nel sud di Israele. Non sono stati registrati al momenti – riportano i media – né danni né vittime. Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat commentando il rapimento e l’uccisione del giovane palestinese ha detto che «nelle ultime ore migliaia di palestinesi sono stati terrorizzati dall’esercito e da coloni armati nei distretti di Hebron e Gerusalemme est: chiediamo alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta sulla morte di Mohammed», aggiungendo che «questo è il risultato di anni di impunità garantiti dallo stato di Israele all’esercito e ai coloni». Infine, tornando all’omicidio dei tre ragazzi israeliani, la telefonata che è stata resa pubblica dalle autorità che documenta il momento del rapimento dei tre ragazzi ebrei nei pressi di Hebron e poi trovati uccisi, è parziale: in realtà dura parecchi minuti in più e rivela altri particolari dell’evento finora non noti. Lo scrive il sito Ynet che ha potuto ascoltare la telefonata completa fatta alla polizia da uno dei rapiti il cui cellulare evidentemente è restato in linea. Nella chiamata – sottolinea Ynet che ha messo sul suo sito la registrazione – si sentono «grida di giubilo» che seguono i colpi di arma da fuoco e anche uno responsabili del rapimento esclamare in arabo «ne abbiamo tre». La telefonata (che non è stata presa subito in considerazione dalla polizia) rivela quindi – secondo Ynet – cio che è successo nella macchina dei rapitori, trovata poi bruciata il giorno dopo. Innanzi tutto le parole «sono stato rapito», pronunciate probabilmente da Gilad Shaer; quindi il poliziotto in servizio dire «Hello? Hello?» e poi tutto il resto, compreso «quello che sembra un grido di dolore» da parte di uno dei rapiti e l’espressione «Giù le teste, giù le teste!», in ebraico, ma «dal forte accento arabo». In sottofondo, dalla radio dell’auto un’intervista al deputato laburista Shelly Yachimovic, mentre un altro ufficiale di polizia, questa volta donna, domanda nella parte finale della telefonata «Dove sei? Dove sei?». Ynet riporta anche un commento della madre di Gilad Shaer, Bat Galim secondo cui la polizia – che avrebbe fatto ascoltare ai familiari dei ragazzi la telefonata solo dopo alcuni giorni dal rapimento – ha assicurato che «c’era una speranza che fossero ancora vivi».

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