“Berlusconi deve cadere”, Brunetta racconta il complotto in un libro e svela altri retroscena. Accuse a Napolitano e Tremonti

21 Mag 2014 14:24 - di Desiree Ragazzi

«Nessun grande vecchio, nessun burattinaio, ma solo interessi, politici ed economici, da parte dei soliti poteri forti e marci, da parte delle solite forze politiche ideologicamente e intrinsecamente golpiste che non disdegnano di usare la magistratura e le potenze straniere per far fuori gli avversari. Un’antica e perversa tradizione italica». Una settimana dopo la conferma dell’ex ministro Usa Timothy Geithner sul complotto anti-Berlusconi preparato in Europa  con la regia della Merkel,  Renato Brunetta svela altri inquietanti retroscena di quella drammatica stagione politica. Nel libro Berlusconi deve cadere. Cronaca di un complotto, (uscito oggi con Il Giornale) il capogruppo di Forza Italia alla Camera ripercorre le tappe salienti che dal 2009 portarono il Cavaliere a una popolarità straordinaria  (80% dei consensi) fino al 12 novembre 2011 quando fu costretto a dimettersi. Parla delle trame del Colle e di Tremonti. «Chi era il ministro dell’Economia e delle finanze fino a novembre 2011? Se Tremonti aveva capito tutto di quello che stava succedendo, perché non ha fatto nulla per evitare che accadesse? Forse perché , in definitiva, lui questo Paese non voleva salvarlo in quel momento. Perché avrebbe corso il rischio di salvare insieme all’Italia il per lui ormai nemico personale numero 1: Berlusconi con tutto il suo governo… Insomma lui voleva che il governo di cui era onnipotente ministro dell’Economia continuasse. Desiderava prendere il posto del presidente del Consiglio. Ha semplicemente lasciato che altri facessero per lui. Gli altri stavano strozzando Berlusconi, lui si limitò a tenerlo fermo, non consentendogli di far nulla». Quanto a Napolitano, per Brunetta, «resta un ossimoro vivente. Diventa amico dei nemici, e nemico degli amici». E poi spiega: «Napolitano non è il capo del complotto, neanche ne è comprimario. Semplicemente è la condizione sine qua non dello scivolamento della valanga dello spread addosso a una maggioranza resa fragile». Nell’introduzione Brunetta spiega che «si è passati dal massimo consenso di un presidente del Consiglio nell’Italia repubblica (25 aprile 2009 a Onna), allo scatenamento di campagne di stampa scandalistiche, seguite e attorcigliate ad attacchi giudiziari. Il tutto coronato da un assalto della speculazione internazionale al debito sovrano del nostro Paese. Una vera e propria morsa da non lasciare scampo. Fatti seguiti dall’impostazione di dimissioni al presidente legittimo Silvio Berlusconi, incolpato della piega drammatica degli eventi passati sotto la categoria spread, sostituito da un uomo non eletto da nessuno alla presidenza del Consiglio, Mario Monti». Il libro è arricchito dalla prefazione di Silvio Berlusconi. «Racconta il ministro del Tesoro di Barack Obama, Timothy Geithner – scrive il Cavaliere – che nell’autunno del 2011 ricevette un forte invito da alte personalità europee perché convincesse il presidente degli Stati Uniti ad aderire a “un complotto”. Lo chiama proprio così, nelle sue memorie uscite nel maggio 2014 e intitolate Stress test. Complotto. A quella proposta scrive di aver risposto: “We can’t have his blood on our hands”. Noi non vogliamo sporcarci le mani con il suo sangue. Il sangue è il mio. Obama disse comunque di no, di qualunque cosa si trattasse, come conferma anche un’inchiesta del Financial Times, uscita anch’essa a maggio 2014, che gli fa pronunciare le parole: “I think Silvio is right”, penso che Silvio abbia ragione. Grazie. Lo penso ancora. Avevo ed ho ragione. Non è con l’austerità, non è schiacciando il tallone sul collo della gente che si esce dalla crisi. Soprattutto, il bene della democrazia non è negoziabile, a nessun costo».

Berlusconi racconta che «quella volta Obama per due volte disse di no. E il complotto non riuscì. Ma il golpe fu soltanto rimandato. Dovevo essere punito, e con me il popolo italiano che mi aveva scelto. Era successo che in quell’estate-autunno del 2011, mi ero opposto in ogni modo alla politica di austerità che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy volevano imporre all’Italia, al punto di volerla far commissariare dal Fondo monetario internazionale. Non intendevo – anche se lasciato solo dal capo dello Stato – rinunciare alla nostra sovranità, per rispetto alla nostra gente e per ragioni di dignità nazionale. Fui costretto però, pochi giorni dopo il G20 di Cannes, dove ai primi di novembre ero stato sottoposto a pressioni tremende, a dimettermi. Lo feci perché preferii ritirarmi piuttosto che danneggiare irreparabilmente l’Italia, che era tenuta sotto tiro con la pistola dello spread. Un’arma costruita a freddo per consentire a potenze esterne e interne, extra democratiche, di prendere il timone della nave». Due anni e dopo arriva «una serie di testimonianze convergenti». Sin dal giugno del 2011, quando ancora lo spread era ai minimi, scrive ancora il Cavaliere, Mario Monti era già stato oggetto di un profetico sondaggio da parte del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, così che si tenesse pronto al gran salto a Palazzo Chigi. Lo ha confessato lo stesso Monti ad Alan Friedman, e lo hanno confermato al medesimo giornalista americano Carlo De Benedetti e Romano Prodi. «Addirittura – si legge nella prefazione – Corrado Passera aveva confezionato un programma economico ad uso di Mario Monti sin da quell’estate. Già nel novembre del 2013, l’ex premier spagnolo Luis Zapatero, nel suo libro Il Dilemma, aveva raccontato che Monti era stato di fatto nominato premier durante il G20 di Cannes da Merkel, Sarkozy, dai burocrati di Bruxelles e del Fondo monetario internazionale. La stessa cosa venne confermata poi da Lorenzo Bini Smaghi, allora alla Bce, nel suo libro Morire d’austerità». Berlusconi spiega che Brunetta racconta i fatti del 2011 con dovizia di particolari inediti, «ma va oltre». «E documenta come il colpo di Stato, non pienamente portato a compimento con Monti, abbia poi trovato il suo coronamento con la mia estromissione dal Senato e con la mia incandidabilità per sei anni. Un’infamia perseguita sulla base di una legge ambigua, applicata retroattivamente a seguito di una condanna infondata e ingiusta (e che sono sicuro sarà capovolta dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo e dalla revisione del processo)».

 

 

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