E ora, tra i fratelli coltelli del Pd, il renziano Vincenzo De Luca fa volare anche accuse di «infamità»

6 Dic 2013 19:12 - di Valeria Gelsi

Parla di «infamie» e quasi adombra il complotto Vincenzo De Luca che, alla vigilia delle primarie, rimanda l’idea di un Pd in cui la battaglia per la segreteria ha travolto tutto. Intervenendo in una tv locale sul suo impegno a favore di Matteo Renzi, il sindaco di Salerno ha detto di aver deciso di sostenerlo «innanzitutto per rispondere alle tante infamie che sono state messe in mezzo da quando ho deciso di stare dalla sua parte». De Luca non ha circostanziato, ma – tra indagini giudiziarie e interrogazioni parlamentari – è la cronaca politica delle ultime settimane a parlare per lui. Prima di tutto c’è stata l’iscrizione nel registro degli indagati per il cantiere del Crescent, un poderoso edificio in costruzione sul lungomare di Salerno. Poi c’è stata la vicenda dell’incompatibilità tra sindaco e viceministro dei Trasporti sollevata dall’Antitrust, per la quale è stata annunciata una interrogazione parlamentare avversa da parte di un esponente lettiano del Pd, Guglielmo Vaccaro. Infine c’è stata la rivelazione del Fatto quotidiano sull’iscrizione in un’altra indagine, quella sul crac del pastificio Amato. Solo per quest’ultima De Luca si è trincerato dietro un no comment, mentre per le altre ha reagito andando all’attacco e rilanciando la palla delle accuse direttamente nel campo del proprio partito. «Non mi dimetto anche se indagato», ha detto in una intervista a Repubblica di qualche giorno fa, nella quale parlava di «strategia della diffamazione». «La verità è che di fronte ai nostri risultati, c’è chi è impazzito. Sono disgustato», ha aggiunto, riferendosi a quel 90 e passa per cento che Renzi ha ottenuto a Salerno. Nella stessa intervista, poi, si difendeva dall’accusa di occupare abusivamente la doppia poltrona di sindaco e viceministro, chiedendo «chi ha deciso di svendere il Pd? E di consegnare nelle mani di una persona il più grande comparto di spesa e investimenti del Paese? E il partito (con la P maiuscola) dov’è, cosa fa, quando interviene, quando decide?». Un crescendo, dunque, che oggi è culminato in quell’accusa di «infamità» e che non si sa fin dove possa arrivare da qui a domenica, quando si celebreranno le primarie.

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