Saggi ma non troppo: indagati per truffa e concorsi truccati cinque dei professori scelti dal Colle per fare le riforme

5 Ott 2013 10:15 - di Antonella Ambrosioni

Le accuse sono gravi. Per la Procura di Bari 38 professori, il fior fiore dei costituzionalisti e docenti universitari italiani, avrebbero «creato un’associazione a delinquere che ha pilotato negli ultimi tre anni i concorsi per diventare professori negli atenei italiani». La notizia che ci consegnano i quotidiani è di quelle che ti fanno o indignare o sbellicare dalle risate, a seconda del proprio spirito sportivo,  perché tra queste personalità indagate figurano – beffa delle beffe – anche ben cinque dei dieci “saggi” nominati dal presidente Napolitano come garanti per riformare la Carta costituzionale.  Sono Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini dell’università di Bologna, Carmela Salazar dell’università di Reggio Calabria, Lorenza Violini, dell’università di Milano e Beniamino Caravita della “Sapienza” di Roma.

Siamo solo in una fase preliminare delle indagini e tutti i reati contestati – truffa, corruzione e falso – sono ancora da accertare, ma certo è che lo scenario universitario italiano sta dando una prova desolante e sconcertante. Di questi tempi non sembra un’idea particolarmente geniale affidarsi ai “numi tutelari” del diritto per riformare la Costituzione o quant’altro. Quella di “professore” non sembra più una patente spendibile nelle occasioni più critiche. Non lo è stata con l’esecutivo tecnico dei professori e anche ora – naturalmente il Capo dello Stato non poteva avere la sfera di cristallo –  quello che sembrava il migliore dei mondi possibili in realtà ha diversi scheletri nell’armadio di cui dar conto.  La “purezza” costituzionale non si difende “ex cathedra”, a quanto per ora è dato sapere.

Sull’asse Roma- Bari i pm, coordinati da Renato Nitti,  e gli investigatori della Guardia di Finanza sono venuti al corrente della strategia di far eleggere nella commissione nazionale professori ritenuti “avvicinabili” allo scopo di pilotare concorsi e nomine. I professori indagati negano qualsiasi coinvolgimento, si apprende dal Fatto. Anzi, l’avviso di garanzia, si difendono molti di loro, li garantisce. Si dicono a disposizione per collaborare con le indagini, ma la domanda in questi casi è: visto che la patente di saggio è un po’ sbiadita, non sarebbe il caso di dimettersi in attesa che venga chiarito il “pasticciaccio”?

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