Letta lancia a Wall Street l’Italia “giovane e virtuosa”. Ma sui conti pubblici qualcosa non torna…

25 Set 2013 17:43 - di Renato Berio

La cerimonia della campanella a Wall Street ha offerto al nostro premier Enrico Letta l’occasione per cercare di accreditare dinanzi agli investitori globali l’immagine di un’Italia proiettata verso la crescita e con i conti in ordine. Letta si è detto anche ottimista sulla stabilità, dopo che ieri al Quirinale il capo dello Stato aveva ricevuto assicurazioni in questo senso prima da Alfano per il Pdl e poi da Epifani per il Pd.

La via da seguire, promette ora Letta, è quella della concretezza, ma ci sono nodi che al suo ritorno dall’America rischiano di ingarbugliare la matassa, a cominciare dalla decisione sull’aumento di un punto dell’Iva, che sarà presa nel prossimo cdm di venerdì. Difende intanto l’abolizione dell’Imu che, spiega in un’intervista a Bloomberg, “era nel mio programma e non rappresenta una concessione a Berlusconi”. Adesso l’obiettivo fissato è quello di “dodici mesi di crescita”, realizzabile di pari passo con il consolidamento di bilancio. Mentre Letta presenta nel tempio della finanza mondiale un’Italia “giovane, virtuosa e credibile” le notizie su Telecom procurano un danno d’immagine che il premier si affretta a tamponare con dichiarazioni cerchiobottiste: da un lato assicura che il governo non intende mollare un settore strategico come la rete ma allo stesso tempo ricorda che i capitali non hanno passaporto, come dire che al libero mercato non si comanda. Nelle stesse ore, in Italia, il viceministro delle Comunicazioni Catricalà avanzava però l’ipotesi di imporre per legge lo scorporo della rete, unica strada per salvare i flussi di capitale e la supremazia nazionale in un settore cruciale.

Al ritorno dagli Usa Letta dovrà convincere gli italiani che il periodo più nero della crisi è finito e lo farà dal salotto di Fabio Fazio – dove sarà ospite domenica. Ma proprio sulla tenuta dei conti pubblici, patente di credibilità dell’Italia all’estero, da Panorama arriva un siluro al governo. Secondo il settimanale il rapporto deficit-Pil non sarebbe al 3,1%, come reso noto nei giorni scorsi, ma addirittura al 3,4%. Questo significa che, se l’Italia non vuole finire di nuovo sul banco dei cattivi dell’Unione europea, occorre trovare 6 miliardi entro la fine dell’anno. Era questa la verità sui conti che gli italiani avevano diritto di sapere secondo il ministro dell’Economia Saccomanni?

Sullo stop all’aumento Iva – prossimo scoglio da superare senza troppi danni per la compagine governativa –  Letta ancora non si pronuncia ma promette tagli alla spesa pubblica (con l’imminente nomina di un commissario alla spending review) che però non toccheranno la cultura che, dice il premier, “è il nostro petrolio”.

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