Epifani frena ancora sulle riforme e rispolvera l’anti-berlusconismo: «Il Cavaliere minaccia, reagiremo…»

4 Giu 2013 21:46 - di Antonella Ambrosioni

Riforme? Grazie, non per ora. Non c’è accelerazione che tenga. Il processo delle riforme può attendere, il semi- presidenzialismo pure, come ha fatto chiaramente intendere  Guglielmo Epifani parlando alla sua prima direzione da segretario del Pd. La sua è una sostanziale frenata sul terreno delle riforme, messe decisamente sullo sfondo di ben altri interessi di bottega, tra l’attesa delle sentenze su Silvio Berlusconi e il congresso del Pd che dovrebbe curare le ferite inflitte negli ultimi mesi al partito dai suoi stessi parlamentari. Il pressing del presidente Giorgio Napolitano perché i propositi riformatori non rimanessero impantanati nelle secche del dibattito tra i partiti, è un auspicio che per ora il Pd di Epifani disattende con disinvoltura. E così, mentre il dibattito già si era infiammato sul tema del semipresidenzialismo, Epifani in direzione invita ad evitare tifoserie, indica le priorità del Pd – legge elettorale, superamento del bicameralismo, riforma del Titolo V della Costituzione – ma subito frena: «Fermiamoci un attimo, senza cadere in una spirale che non ci porterebbe a fare le riforme o a non farle al meglio. Se ne deve discutere seriamente nelle sedi competenti, con gli argomenti giusti, con i tempi giusti e nell’ordine giusto. Non diventiamo tifosi». Alle riforme che possono modernizzare il Paese, meglio anteporre l’attacco al nemico numero uno: «Dobbiamo fare i conti con l’affidabilità del Cavaliere«, dice, dichiarandosi «pronto a tutto» se Berlusconi dovesse «far saltare il tavolo». Perché i democratici sono più preoccupati di fare i conti con le posizioni del Cavaliere: «Stabilità e minacce nel rapporto con il governo – elenca il leader Pd- le sentenze attese; il problema dell’affidabilità nel rapporto tra problemi personali e interessi del Paese, sospesi tra due sentenze: quella della Corte costituzionale e quella della Corte di Cassazione». Più che alle riforme vere, meglio procedere a un “ritocchino”: la priorità per Epifani e il Pd resta la legge elettorale: è da qui che bisogna partire». L’invito a volare alto verso un riassetto complessivo ed efficace in tema di architettura istituzionale arrivato dal Pdl cade nel vuoto. Solo per ultimo l’ex sindacalista nomina il cambiamento della forma di governo. «Il semipresidenzialismo? È complesso da fare, ma non è il diavolo». Ci pensa D’Alema, da sempre ostile, a uno stop più deciso in materia, durante il suo intervento.  L’automatismo che riforma sia sinonimo di berlusconismo è evidentemente ancora vivo e terrà ancora a bagnomaria ogni progetto di cambiamento. E alla fine Epifani incassa il via libera, con sette astenuti.

Intanto l’accusa di inaffidabilità di Berlusconi viene rispedita al mittente dal Pdl: «Il Pd è il partito dell’instabilità», dice Renato Brunetta. «Bisogna che qualcuno fornisca ad Epifani una rassegna stampa quotidiana – replica Fabrizio Cicchitto–  «così potrebbe capire meglio chi in tutti questi giorni ha provato a destabilizzare il governo Letta avendo un gran mal di pancia per la maggioranza di cui non condivideva spesso i contenuti. Non crediamo di essere dei delatori se gli riveliamo che a fare questo esercizio spericolato sono stati alcuni di coloro che stanno ascoltando la sua relazione. Potremmo fare i nomi ma li apprenderà facilmente se legge Repubblica delle ultime due settimane».

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