Una via per Niccolai, missino eretico e di sinistra. I soliti antifascisti si oppongono

17 Apr 2013 21:34 - di Renato Berio

È polemica dopo l’approvazione in consiglio comunale a Pisa di una mozione presentata da un consigliere del Pdl per intitolare una strada a Giuseppe Niccolai, già deputato del Msi. “È sbagliato intitolare una strada di Pisa a un fascista”, afferma, in una nota, l’Istituto storico della Resistenza in Toscana definendo “assai grave la recente decisione del Comune di intitolare una strada della città a Giuseppe Niccolai, persona e uomo politico che, con i fatti e con le parole, ha sempre manifestato e rivendicato il suo orientamento dichiaratamente fascista, prima e dopo la caduta del regime”. La mozione, che proponeva anche l’intitolazione di altre strade a due storici esponenti pisani del Pci e della Dc, è stata approvata con 12 voti a favore su 25 presenti e con i voti contrari di Sel e Prc, mentre 10 consiglieri (9 dei quali del Pd) si sono astenuti.

Non è la prima volta che sulla toponomastica di accendono dispute ideologiche contrarie a quello spirito di pacificazione che dovrebbe guidare le scelte degli amministratori e stupisce che ciò sia avvenuto proprio sul nome di Beppe Niccolai (nato a Pisa nel 1920 e morto nel 1989) che nel Msi fu uno dei più accaniti paladini del dialogo con gli avversari, fu fortemente critico con l’anticomunismo anacronistico e fu sempre attento ai temi sociali.  Niccolai aveva alle spalle un’intensa attività parlamentare (arrivò in Parlamento nel 1968) della quale si ricorda l’impegno nella commissione antimafia. Dopo due legislature si fece volontariamente da parte: un esempio solitario che non sarà seguito né nel suo né negli altri partiti.  Niccolai fu anche un giornalista arguto e graffiante sia quando dirigeva il periodico pisano Il Machiavelli  sia sul giornale da lui fondato L’Eco della Versilia. Sul Secolo d’Italia curava la rubrica “Il rosso e il nero”. Dapprima amico di Almirante ne diventa oppositore nel 1984 presentando al congresso un documento che farà da coagulo alla sua corrente (10% dei consensi interni al Msi). Negli ultimi anni si era dedicato allo studio della figura di Berto Ricci a partire dalle cui idee intese impostare la sua battaglia politica. Così spiegava in un’intervista il suo “amore” per Berto Ricci: “Che fare? Se lo chiedono tutti. Sono impazzite le bussole. E Berto torna ad essere maestro di carattere, lui coscienza senza sonno e uomo di viventi e cocenti passioni. Lui e gli uomini delle tangenti. Questo è il confronto”.

Fu espulso dal partito per avere presentato alla direzione nazionale del Msi un odg contro i potentati economici che era l’esatta riproposizione di un documento del Pci. Poi venne riammesso per la mediazione di Giuseppe Tatarella. Poco prima di morire sorprese ancora una volta il Msi quando, mentre infuriavano le proteste per l’arresto di Sofri per il delitto Calabresi, scese in campo pubblicamente per difendere l’ex-leader di Lotta Continua, l’uomo cioè che aveva organizzato quella manifestazione contro un suo comizio che si concluse con la morte del giovane anarchico Franco Serantini.

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