La protesta di Ruby: «Io, massacrata dai giudici per colpire il Cavaliere. E neanche posso difendermi…»

4 Apr 2013 11:24 - di Redazione

Una protesta solitaria, veemente, senza avvocati ma con accuse precise ai giudici di Milano lanciate con la lettura di una nota scritta. Ruby El Marough, la ragazza marocchina al centro della vicenda dei “festini di Arcore”, ha manifestato sui gradini del palazzo di giustizia di Milano, dove chiede da tempo, invano, di esser ascoltata dai magistrati. «Non sono una prostituta, devono ascoltarmi. Per colpire Berlusconi la stampa ha fatto del male a me. Voglio essere ascoltata dai magistrati per dire la verità», ha aggiunto ha ricordato di essere la “parte lesa in questa vicenda”. La giovane marocchina si è presentata sulla scalinata davanti all’ingresso del tribunale di Milano in corso di Porta Vittoria con un cartellone “a due facce” con su scritto “Caso Ruby: la verità non vi interessa più?” e “Voglio difendermi dalle bugie e dai pregiudizi”. Cartellone che ha lasciato all’esterno della cancellata del tribunale prima di andarsene, senza rispondere alle domande dei moltissimi cronisti. La ragazza ha esordito dicendo di essersi sentita “strumentalizzata da parte della stampa e dalla magistratura” e di aver deciso “dopo due anni di rompere il silenzio”, lo ha fatto con questa protesta “per mia figlia Sofia – ha aggiunto – e per la mia famiglia”. La marocchina ha raccontato inoltre che “c’è ancora tanta gente che mi guarda dall’alto in basso e trovo sconcertante che nessuno abbia voluto ascoltare la mia verità, l’unica verità possibile”. «Oggi ho capito che è in corso una guerra contro Berlusconi e io ne sono rimasta coinvolta, ma non voglio che la mia vita venga distrutta», ha spiegato la ragazza, sostenendo di aver subito una “violenza psicologica” da parte dei magistrati”.  «Non ho mai avuto rapporti sessuali a pagamento e non li ho mai avuti con Silvio Berlusconi», ha aggiunto. «Sono spiaciuta di aver fatto una cavolata dicendo che ero parente di Mubarak». Ruby, protestando davanti al tribunale di Milano, si è anche commossa e sul suo viso è spuntata qualche lacrima quando ha spiegato di essere stata insultata durante la Messa a Pasqua. «Ho subito un ennesimo episodio di intolleranza – ha chiarito la ragazza davanti a una ressa di telecamere e fotografi, leggendo un testo scritto ma senza rispondere alle domande dei cronisti – quando la domenica di Pasqua una persona guardando mia figlia ha detto “spero che non diventi come sua madre”».

 

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