Le illusioni di Bersani, il realismo di Napolitano

25 Mar 2013 9:03 - di Gennaro Malgieri

Giorgio Napolitano sta seguendo gli sviluppi della singolare “esplorazione” di Pier Luigi Bersani con l’animo di colui che non crede minimamente nel tentativo del segretario del Pd. Ha dovuto offrirgli una chance, che qualcuno ha chiamato “preincarico”, soltanto perché è il leader della coalizione uscita vittoriosa, sia pure per pochi decimali, dalle elezioni, non avendo peraltro ottenuto la maggioranza al Senato per formare un governo. Non è difficile pronosticare che alla fine del compito affidatogli, il capo dello Stato non si accontenterà dei numeri virtuali che con ogni probabilità Bersani gli presenterà onde ottenere finalmente un incarico pieno, ma chiederà di vedere i numeri reali, quelli necessari per conferire la fiducia al governo. E devono essere, per di più, come ha fatto capire Napolitano, numeri consistenti, vale a dire non raccattati da questo o quel gruppo in virtù di chissà quali promesse, destinati magari a venire meno al primo scricchiolio.
Insomma, a Bersani non basta il trucco escogitato per abbindolare un po’ di grillini al fine di ottenerne i voti. Vale a dire quello di promettere un disegno di legge per rendere ineleggibile Berlusconi, un altro sul conflitto d’interessi, un altro ancora per riformare (non abolire) il finanziamento pubblico ai partiti. A parte il fatto che i senatori del M5S non gli darebbero comunque la fiducia, l’escamotage non sembra convincere il presidente della Repubblica che ha negato al leader del Pd l’incarico di formare il governo proprio perché consapevole che ne avrebbe fatto uno di minoranza con il quale poi avrebbe dovuto tirare malamente a campare, almeno fino all’insediamento del prossimo presidente della Repubblica inevitabilmente costretto a sciogliere il Parlamento come suo primo atto.
La frattura tra Quirinale e Largo del Nazareno sta approfondendosi con il passare delle ore.
Posto che i “giovani turchi” del Pd sono pregiudizialmente ostili alle “larghe intese”, sola possibilità per mettere insieme una compagine governativa, a Napolitano non resterà che prendere atto dell’assenza delle condizioni per una maggioranza “vera” e prorogare inevitabilmente Monti fino a quando, dopo le elezioni, non si sarà ristabilita una situazione di normalità.
Prospettiva questa che è esclusivamente nelle mani degli italiani, i quali se continueranno a giocare con il fuoco finiranno per bruciarsi non soltanto le dita. Sia chiaro,è senz’altro lecito in democrazia esprimere consenso a forze anti-sistema, purché queste si “costituzionalizzino” e facciano crescere un sistema nuovo se ne sono capaci.
Ma dove va a finire la protesta degli italiani se sarà impossibile una qualsivoglia maggioranza che sostenga un governo che ha molte ed importantissime cose da fare, a prescindere da quelle che Bersani ritiene siano le priorità? Il fantasma cipriota, tanto per richiamare un dramma che si consumando a poche miglia da noi, sta allungando la sua ombra sui Paesi mediterranei a cominciare dall’Italia. Ragionevolezza vorrebbe che le forze politiche affrettassero la formazione di un governo impegnato a difendere i risparmi dei cittadini. Possibile che Bersani abbia in mente soltanto la cacciata di Berlusconi dal Parlamento, per compiacere Grillo che la fiducia non gliela darà comunque?
La perdita di tempo a fini di puro esercizio narcisistico agita i sonni di Napolitano, e non soltanto i suoi.
Offerto a Bersani il contentino di una fragile illusione, poi prenderà in mano le operazioni, per come la Costituzione gli consente. E non è neppure escluso che buona parte del Pd, vistosi alle strette, sconfessi il segretario e faccia tornare in campo il progetto di una coalizione allargata, soltanto per il tempo di fare la legge elettorale, varare il Documento di programmazione economica e fronteggiare l’assalto dei mercati che si stanno spazientendo. Poi, il voto. Finalmente.

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