Simone Regazzoni: “Qui ci vorrebbe l’ispettore Callaghan“

1 Giu 2012 19:17 - di

Parlando della filosofia di Lost, di Harry Potter e del… porno (!) aveva già scandalizzato i benpensanti di destra e di sinistra. Ultimamente, poi, erano piovuti insulti su di lui per aver preso di petto, sul Secolo XIX, le “femminucce” del politicamente corretto. Il filosofo Simone Regazzoni, autore di importanti libri di “pop-filosofia” che hanno fatto discutere, ama stupire o meglio, come dice lui citando Nietzsche, “trasvalutare”. E, parlando della crisi di fiducia che sta investendo l’Occidente ci dice: affidiamoci all’ispettore Callaghan, altro che Grillo e Saviano.

La crisi finanziaria che stiamo vivendo non è una gigantesca crisi di fiducia? Nelle banche, nelle borse, nelle agenzie di rating, nel denaro stesso…

Esattamente, è in crisi quella che i greci chiamavano “pistis”, cioè il credo, ma anche il credito. È in gioco proprio questo campo semantico che ha a che fare con la fede/fiducia. Abbiamo creduto di poter dare credito a oltranza, che la speculazione potesse durare all’infinito senza più agganci con l’economia reale, con la base materiale. E ora che succede: che tutto il sistema va in crisi e a pagare – cioè a garantire di nuovo la base materiale che si era negata – sono i cittadini, cioè i soggetti meno coinvolti nel meccanismo speculativo.

Ma il capitalismo non era la dottrina che ragionava “in soldoni”, cioè concretamente, contro le astruserie religiose di epoche superstiziose? Ora, invece, scopriamo che tutto si basava su un altro tipo di fede…

In realtà l’idea del mercato razionale che si autoregola è proprio una fede che ha tutti i tratti di una religione. La narrazione sottostante ha struttura messianica: dopo il capitalismo c’è il nulla, dateci credito e vi daremo il paradiso in terra. Gli aspetti drammatici di questa crisi derivano proprio da qui: siamo disorientati nella misura in cui avevamo creduto davvero alla fine della storia. Non c’è un’altra narrazione. Le tragedie esistenziali che accompagnano il momento presente nascono anche da qui, dal fatto di non essere preparati a null’altro.

Però ci pensano i tecnici a salvarci. Di loro possiamo fidarci?

Anche in questo caso abbiamo a che fare con figure che chiedono un credito assoluto in virtù dei loro poteri particolari. Sono gli unici che sono in grado di interfacciarsi con le nuove divinità come le borse e i mercati. Ma in un simile atteggiamento c’è molto poco di tecnico.

Molti ripongono fiducia in Grillo.

Alla radice c’è l’errore di affidare se stessi a un atto salvifico che venga dall’esterno. Io credo che occorra tornare all’autocentratura dei soggetti e recuperare la possibilità di salvarci da soli.

È un modo elegante per parlar male dei grillini?

Mah, io guardo con interesse ai soggetti nuovi che scardinano il panorama politico. Non mi sembra, tuttavia, che Grillo sia uno di questi. I suoi collaboratori sul territorio sono probabilmente più interessanti di lui.

Intanto politici in generale sembrano essere stati sfiduciati dagli italiani.

Direi che sono proprio fuori dalla storia. Né mi sembra che questo nuovo soggetto politico formato da Repubblica e Saviano possa cambiare qualcosa. Sarebbe l’ultimo disastro della sinistra (e lo dico appartenendo a quel mondo).

Ora, poi ci si mette anche il terrorismo a scompaginare ogni riferimento. Dopo Brindisi sembra davvero che non possiamo più fidarci di nessuno…

Non entro nel merito della vicenda, ma mi limito a constatare l’effetto più immediato: non riusciamo più a comprendere ciò che accade. Di più. Non sappiamo se ci sono soggetti in grado di farlo. È questa mancanza di comprensione che ci rende privi di risposte che non siano la vittimizzazione generale.

Verrebbe da invocare più sicurezza, ma forse è un termine troppo “di destra” per lei…

Affatto. Io sono di sinistra ma credo che se non riusciamo a trasvalutare i nostri concetti perdiamo la sfida della contemporaneità. Lo Stato deve garantire sicurezza, è vero. Rousseau, che era più o meno “dei nostri”, diceva che se non c’è forza di legge c’è la legge del più forte. Ovviamente rifiuto l’uso ideologico della sicurezza né penso che essa sia la risposta a tutto: ci vuole sicurezza ma anche reddito, cultura, integrazione…

Intanto i filosofi italiani, forse proprio per ritrovare la fiducia nella realtà, si affidano a un nuovo realismo contro le derive del postmodernismo.

Quello proposto da autori come Maurizio Ferraris è un realismo ingenuo che non mi convince. L’esigenza di uscire da un certo postmoderno è condivisibile, ma la risposta è fragile, “reattiva”, direbbe Nietzsche. Ho visto le conferenze di Ferraris: tocca i tavoli, si versa l’acqua, proprio per rassicurarsi attraverso il contatto con un mondo che, ci spiega, è realtà, non interpretazione. Ma non è questa la risposta, la risposta è la trasvalutazione dei valori. E il recupero dei soggetti.

Facciamo un esempio concreto per i lettori digiuni di Foucault e Derrida?

Dirty Harry è un buon esempio di soggetto forte.

L’ispettore Callaghan interpretato da Clint Eastwood? Ma non è un riferimento troppo politicamente scorretto?

Certo. Ma il politicamente corretto è una pezza immaginaria alla perdita del senso. Non si può risolvere tutto tramite artificiose norme sociali sempre più raffinate: prima difendi le donne, poi le donne di colore, poi le donne di colore lesbiche… Così non se ne esce, non si può più dire nulla. E alla fine capita che in un mio articolo uso la parola “femminuccia” citando Callaghan e mi danno del fascista. La filosofia, invece, dovrebbe poter usare ogni registro. Magari anche quello dell’insulto, salvo poi misurarsi pubblicamente. Ma chi ha più il coraggio di farlo oggi?

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