Quando la casta va al museo

2 Nov 2011 19:55 - di

Al palazzo delle esposizioni di Roma è in corso una interessante mostra intitolata “I realismi socialisti”. Intendevo farne una recensione critica – dopo averla vista – trovando che gli organizzatori abbiano mancato di coraggio. I realismi socialisti sono infatti almeno due, quello sovietico e quello nazista, contemporanei e incredibilmente simili. Credo che la mostra avrebbe acquistato spessore in un raffronto tra le due produzioni, con opere che sono quasi fotocopie. Il biglietto costa 12 euro e cinquanta, ma ci sono sconti per varie categorie. Probabilmente non per i parlamentari (spero!), ma per i giornalisti sì. Non è mia intenzione usufruirne: i privilegi mi creano imbarazzo. In coda alla biglietteria vengo affiancato da una signora che mi chiede se sono solo. Sicuramente non vuole adescarmi, quindi rispondo di sì. Mi dice che è invalida e chiede se sono disposto a farle da accompagnatore. “Che dovrei fare?” chiedo. Nulla, mi risponde, ma in quel modo avremo entrambi uno sconto, oppure uno dei due entra gratis e quindi possiamo pagare metà per uno. Accetto, ma voglio pagare intero io. L’inserviente dice che il biglietto è omaggio per tutti e due. “Che fortuna” dice la signora. Per me sì. Se arrivavo cinque minuti prima o dopo non l’avrei incontrata. Dico, per scherzare, che coi soldi risparmiati possiamo comprare il catalogo, ma lei dice che costa troppo e “non possiamo permettercelo”. Cerco di fare conversazione ma mi dice che non sono obbligato a restare con lei, che posso sentirmi libero di visitare la mostra ai miei ritmi. Dopo un po’ ci perdiamo di vista. Morale: io avevo un privilegio di cui non ho bisogno e che mi imbarazza, lei invece ce l’ha perché appartiene a una categoria protetta e sente il bisogno di metterlo a disposizione, di socializzarlo. Evidentemente il mio modo di pormi e di vestirmi non trasmette la mia appartenenza a una classe privilegiata. Avrei dovuto dirglielo? Avrei dovuto pagare lo stesso il biglietto? Non lo so, ma la solidarietà della donna con uno sconosciuto, il suo desiderio gratuito di far beneficiare un altro di quello che la società metteva a sua disposizione mi ha ricordato che c’è un’altra umanità: quella bella e sana. Che nei palazzi e sui mezzi di informazione – posso testimoniarlo – ci si dimentica che esiste. Cosa c’entra questa storia con la politica? Forse è l’unico episodio che mi sia successo da tempo che c’entri veramente. Perché fare politica, soprattutto se c’è la democrazia, ha senso solo se esiste gente per cui vale farla. Non i parenti o i sodali o peggio ancora i complici. Ma quelli che non conosci nemmeno. Vorrei mandare dei soldi alla galleria per compensarla del mio biglietto non pagato, ma temo che l’esperienza che mi hanno offerto non abbia prezzo.

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