Battisti, ergastolo confermato. La Cassazione nega lo sconto di pena al terrorista rosso

19 Nov 2019 14:03 - di Redazione

No alla cancellazione dell’ergastolo per Cesare Battisti (mai nome illustre fu portato tanto indegnamente). Lo ha deciso la Cassazione che pochi minuti fa ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’ex terrorista comunista contro l’ordinanza con cui, il 17 maggio scorso, la Corte di assise di appello di Milano aveva negato la commutazione della pena dell’ergastolo in quella di trent’anni di reclusione. «Le questioni sollevate con il ricorso – si legge in una nota della Suprema Corte – concernevano la persistente efficacia dell’accordo di commutazione della pena stipulato tra le Autorità italiane e brasiliane, in vista dell’estradizione dal Brasile, poi non avvenuta, nonché la legittimità della procedura culminata nell’espulsione del condannato dalla Bolivia. La Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del Corte di assise di appello».

Il terrorista rosso coccolato dalla sinistra

Si conclude così definitivamente (almeno si spera) la vicenda processuale di Battisti, uno tra gli assassini più spietati del terrorismo rosso. E anche tra i più protetti. Persino a livello internazionale. Per lui si mobilitò l’intellighentsija francese che in nome della “dottrina Mitterrand” prima ne impedì l’estradizione in Italia e poi ne favorì la fuga in America Latina. L’ultima sua tappa è stato il Brasile di Lula, dove risiedeva coccolato e riverito. Il cambio della guardia con Bolsonaro lo convinse a cambiare aria e riparare in Bolivia, dove fu arrestato.

Battisti latitante per 40 anni

Battisti è sfuggito per 40 anni alla giustizia italiana. Doveva infatti scontare quattro omicidi avvenuti tra il 1978 e il 1979, come mandante o come esecutore materiale: quelli di Antonio Santoro, un maresciallo della polizia penitenziaria; Lino Sabbadin, un macellaio; Pierluigi Torregiani, un gioielliere; Andrea Campagna, un agente della Digos. Fino ad ora, Battisti aveva ammesso la sua partecipazione alla lotta armata e ad alcune rapine, sostenendo però di non aver mai sparato a nessuno. Poi ha ammesso, sperando in un beneficio di legge che la Cassazione gli ha negato.

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