Il Tribunale di Torino
Vittorio Feltri condannato per le frasi sui musulmani a La Zanzara. Per i giudici non c’era tono satirico
Vittorio Feltri è stato condannato a risarcire con 20mila euro, più spese legali, l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che gli aveva intentato causa in sede civile per alcune sue frasi sui musulmani giudicate dal tribunale di Torino a «carattere discriminatorio». Le frasi contestate sono state pronunciate nel novembre del 2024 da Feltri, raggiunto telefonicamente dalla trasmissione di Radio24 La Zanzara. Un contesto particolare, richiamato anche dalla difesa del giornalista che aveva sottolineato lo «stile provocatorio, satirico e privo di filtri» del «format radiofonico», nonché la pubblicazione di un «articolo di rettifica» su Il Giornale. Circostanze, hanno spiegato le legali Valentina Ramella e Carlotta Nannini, che dimostrano «la totale assenza di intento offensivo o discriminatorio».
Feltri condannato per le frasi sui musulmani
Il Tribunale di Torino ha però respinto la tesi difensiva, accogliendo invece l’impianto accusatorio degli avvocati dell’Asgi, con cui si erano costituite parti civili le associazioni Arci, Lunaria, Cambio Passo e La Casa Nel Mondo onlus. Nel corso della trasmissione si parlava del caso di Ramy Elgaml, morto pochi giorni prima dopo un inseguimento con i carabinieri di Milano, e delle proteste che aveva scatenato nella “banlieue” milanese del quartiere Corvetto. «Non frequento le periferie, non mi piacciono. Sono caotiche, brutte e soprattutto piene di extracomunitari che non sopporto», aveva detto Feltri. «Basta guardarli… Poi vedi quello che combinano qui a Milano, eh, come fai ad amarli? Già, non amo i musulmani. Ma io gli sparerei in bocca», aveva aggiunto, replicando «tutti, tutti, io non mi vergogno affatto di considerare i musulmani delle razze inferiori» alla contestazione per cui «non è che in quanto musulmani son tutti ladri e assassini».
La decisione del Tribunale di Torino
Per il Tribunale le frasi non risultano pronunciate «in tono ironico», non suscitano alcun «sorriso amaro che la satira dovrebbe provocare», ma risultano di «dileggio o disprezzo» che secondo la giurisprudenza di Cassazione (anche per la satira) rappresenta «un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore».