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«Al referendum votiamo sì. I magistrati non sono i sacerdoti dell’etica pubblica»: il monito della Fondazione Einaudi ad Atreju

Il dibattito

«Al referendum votiamo sì. I magistrati non sono i sacerdoti dell’etica pubblica»: il monito della Fondazione Einaudi ad Atreju

Focus sulla riforma della Giustizia alla presentazione del libro "Non diamoci del tu" del presidente della Fondazione, Giuseppe Benedetto

Politica - di Dalila Di Dio - 11 Dicembre 2025 alle 13:00

Riportare al centro del dibattito il merito della riforma, al di là delle mistificazioni e dei processi alle intenzioni: è questa la volontà dei promotori del Comitato per il Sì riforma della giustizia della Fondazione Einaudi, emersa ieri sera durante la presentazione del libro Non diamoci del tu del presidente Giuseppe Benedetto, ospite di Atreju insieme a Pierluigi Battista, Andrea Cangini, direttore generale della Fondazione Luigi Einaudi e Nicolò Zanon, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano.

Benedetto: «La separazione delle carriere completamento è il logico della riforma Vassalli»

Per quanto l’Anm tenti di avvelenare i pozzi, paventando pericoli per la tenuta democratica della Nazione e ergendosi a custode della Costituzione, la questione centrale è e rimane quella di dare piena attuazione alla riforma Vassalli del 1989 e a quel al giusto processo regolato dalla legge imposto dall’articolo 111 della Costituzione, che vuole il giudice terzo ed imparziale di fronte alle parti in condizioni di parità. «La separazione delle carriere – ha spiegato Benedetto – è il completamento logico di questa riforma, quello che mancava per avere veramente un processo accusatorio».

Contro l’idea dei magistrati come «sacerdoti dell’etica pubblica»

Secondo gli ospiti del panel, moderato da Felice Manti, l’Anm, da grande regista del sistema giudiziario italiano, rischia con la riforma di perdere gran parte dei suoi poteri figli di un malcostume che ha consentito, complice anche la politica, che una associazione privata esondasse divenendo interlocutore, da paria a pari, con il Parlamento e le istituzioni. Un fattore culturale che deve essere superato spiegando ai cittadini – primi beneficiari della riforma della giustizia – che «i magistrati non sono i cultori dell’etica né pubblica né privata ma sono solo i soggetti chiamati l’uno, il giudice, a giudicare, l’altro, il Pm, a sostenere l’accusa in dibattimento. Facciano il loro mestiere e non pensino di essere investiti del ruolo di sacerdoti dell’etica pubblica», ha spiegato Benedetto.

Il «vecchio giochino» di gridare all’attentato alla Costituzione

Gli ha fatto eco il professore Zanon segnalando come quello dell’attentato alla Costituzione sia «un giochino vecchio, molto sgradevole perché tende a negare la legittimità dell’intervento legislativo. I magistrati si appuntano sul petto la coccarda tricolore», quasi a insinuare che chi è favorevole alla riforma sia «meno italiano». I due Csm, ad avviso dell’accademico, garantiranno la piena autonomia sia ai giudici che ai pubblici ministeri, scongiurando qualunque pericolo di mordacchia da parte dell’esecutivo.

Le relazioni pericolose tra alcune toghe e certa stampa

Il dibattito ha poi toccato temi delicati come il rapporto magistratura e giornalisti, con un flusso continuo di informazioni – e atti – tra procure e redazioni, proprio a opera di investigatori in cerca del loro momento di gloria, «con tanto di post-it» attaccati dal magistrato per segnalare le parti salienti, ha spiegato Pierluigi Battista. Anche Andrea Cangini ha posto l’accento sui toni di un confronto, quello tra Anm e maggioranza parlamentare, fatto di notizie false e volto a delegittimare il potere legislativo che, nel pieno delle sue prerogative, ha dato vita a una riforma attesa da decenni e caldeggiata anche dalla sinistra, in più occasioni: false sono le accuse di voler attentare agli equilibri costituzionali e di voler sottoporre il Pm al controllo dell’Esecutivo.

La vera ostilità è contro il sorteggio, non contro la separazione delle carriere

Il testo della riforma è chiarissimo, e il ministro Nordio ha categoricamente smentito che tale approdo – che pure richiederebbe una nuova, ulteriore legge di revisione costituzionale – sia nelle prospettive del governo. Ad avviso dell’ex parlamentare, il sistema delle correnti, a cui molti magistrati sentono in dovere di aderire per non essere penalizzati nella carriera, «è sostanzialmente un sistema mafioso dove, o sei dentro e fai parte della famiglia e allora fai gli scatti di carriera, ma se non sei parte della famiglia non ottieni niente. All’Anm non importa della separazione delle carriere in quanto tale non frega niente, gli importa del sorteggio perché questo fa saltare il loro potere completamente». Ed è per questo che persino Gratteri, oggi grande avversatore della riforma, a suo tempo il sosteneva il sorteggio come antidoto al sistema correntizio.

Benedetto ha, infine, annunciato che la Fondazione Einaudi, dopo il referendum della prossima primavera, intende proseguire nella sua azione di vigilanza sulle distorsioni del sistema e sugli abusi della magistratura e non ha escluso un tentativo di «spallata giudiziaria» al Governo a ridosso del voto.

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di Dalila Di Dio - 11 Dicembre 2025