Prima indagine Istat
In Italia 251 reti territoriali anti-violenza. Varchi: con il governo Meloni i fondi raddoppiati in maniera strutturale
La ricerca è frutto del lavoro di un tavolo congiunto. La deputata di FdI al Secolo d'Italia: "sostegno per le donne che decidono di denunciare. Nessuna è sola"
Sono 251 le reti territoriali contro la violenza sulle donne censite in Italia dall’Istat nella prima ricerca nazionale sul tema. L’indagine, nata dal lavoro di un tavolo congiunto tra l’istituto di statistica, Dipartimento per le Pari Opportunità, Regioni e associazioni, risponde agli obiettivi della Convenzione di Istanbul e della Legge 119/2013, mappando per la prima volta gli accordi formali e i modelli di governance delle reti anti-violenza regionali. Il report fotografa un sistema articolato di protezione che vede i Centri Antiviolenza (CAV) come protagonisti: sono coinvolti nell’89,6% dei protocolli attivi (225 su 251).
Varchi: piano anti-violenza è al centro dell’agenda politica
Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione giustizia alla Camera, Carolina Varchi, ha commentato al Secolo d’Italia i dati dell’indagine, sottolineando che “In questa legislatura il piano anti-violenza è stato al centro dell’agenda politica. Sono stati raddoppiati, portandoli da 40 a 80 milioni di euro, in maniera strutturale, i fondi per il finanziamento destinati dunque a centri anti-violenza e case rifugio, che con il nostro governo hanno raggiunto l’importo più alto di sempre. Oggi c’è una fitta rete di sostegno per le donne che decidono di denunciare. Nessuna è sola”.
Il Lazio guida la classifica con 95 reti censite
Il Lazio guida la graduatoria delle regioni con 95 reti censite, seguito da Lombardia (27), Piemonte (22) e Puglia (16). Alcune Regioni come Valle d’Aosta, Umbria, Basilicata e Sardegna hanno optato per un unico protocollo quadro centralizzato che orienta poi gli interventi locali. I dati non includono Campania, Molise e Sicilia, che non hanno partecipato alla rilevazione regionale, sebbene i centri anti volenza di questi territori segnalino l’esistenza di reti attive. L’indagine ha individuato tre modelli principali di governance: le “reti metropolitane diffuse a regia CAV” (attive in 15 Regioni), dove i Centri Antiviolenza fungono da hub; i “sistemi integrati comune-centrici” (12 Regioni), con forte leadership comunale; il “modello locale collaborativo” (7 Regioni), caratterizzato da reti orizzontali senza gerarchie.
Censiti 924 soggetti promotori, con 1791 attori coinvolti
Complessivamente sono stati censiti 924 soggetti promotori e 1.791 attori coinvolti. Il settore giudiziario rappresenta il 20,5% degli attori (Prefetture, Tribunali, Procure), seguito dai CAV e Case Rifugio (18,1%) e dai servizi comunali (13,2%). Significativa anche la presenza del settore sanitario (10%) e dell’associazionismo (11%). Gli ambiti territoriali principali sono il Comune (26,3%), l’Ambito sociale (23,5%) e l’area metropolitana/provinciale (22,7%), con differenze marcate tra Nord e Sud: oltre il 70% dei protocolli del Nord riguarda aree metropolitane, contro il 15% al Sud. “Condividere procedure codificate di accoglienza” e “sviluppare strategie operative integrate” sono gli obiettivi strategici più citati con 23 e 21 casi, seguiti dalla prevenzione (18) e dalla formazione (17).
Accoglienza e invio ai Cav le priorità operative
Sul piano operativo, le priorità sono: procedure di accoglienza (183 reti), modalità di invio ai CAV (161), presa in carico delle vittime (135) e percorsi di formazione (133). L’obiettivo è garantire omogeneità e tempestività nella risposta alle vittime su tutto il territorio nazionale. L’indagine parallela condotta sui CAV conferma la centralità delle reti: l’89,3% dei Centri (325 su 364) dichiara di farne parte, con punte del 96,5% al Nord-ovest e 96,3% al Centro, mentre al Sud la percentuale scende al 75,7%. Il 67,4% dei CAV ha formalizzato la collaborazione con convenzioni o protocolli. Fondamentale il collegamento con le strutture residenziali: l’83,2% dei CAV collabora con Case rifugio di pronta emergenza, l’81% con strutture di primo livello e il 73,6% con quelle di secondo livello. Il 60,4% dei Centri ha attivato una linea telefonica dedicata agli operatori della rete.