La Pennicanza non dorme, anzi
Fiorello ai compagni su di giri: amici di sinistra altro che cantare “Bella Ciao”, a “Più libri più liberi” dovevate applaudire. E ora insultatemi pure
L'irriverente mattatore radio-tv bacchetta i militanti dem in servizio h24 per il "Bella Ciao" intonato a Più libri più liberi, ironizzando su politica e cronaca: dal nefrologo arrestato al confronto "cinematografico" tra Fini e Rutelli...
C’è un eterno e onnipresente opinionista sintonizzato sulla lunghezza d’onda della scena pubblica italiana: si chiama Rosario Fiorello e, armato solo di un microfono da Rai Radio2, riesce puntualmente a far esondare lo spettacolo nel dibattito, con quella ironica irriverenza di cui è abile alchimista e sapiente dispensatore in pillole comiche di verità sociali, con cui è solito non risparmiare nessuno. E la sua Pennicanza – un nome che è già un programma – è il pulpito dal quale il mattatore siciliano lancia i suoi strali satirici, colpendo dritto nel segno con la leggerezza cinica del pop che si fa attualità.
L’ultima incursione, sulla scia delle polemiche e delle recriminazioni, investe allora lo scenario di Plpl (Più libri, più liberi) che, finito al centro della sua scaletta, arriva ribaltare luoghi comuni e slogan con la leggerezza – e l’incisività battutara – che rappresentano la cifra della sua vis sardonica…
Fiorello, «amici di sinistra non dovevate cantare “Bella Ciao” a Più libri più liberi
Così, dal nefrologo arrestato che «sa fare bene i calcoli». Al confronto Fini-Rutelli «come nel film Cocoon». Passando per Papa Leone e le alabarde delle Guardie svizzere e Zelensky, Fiorello non si risparmia. E non risparmia nessuno. L’ultimo bersaglio? La sinistra italiana, redarguita per l’ormai rituale e polemico Bella Ciao intonato a Più libri più liberi contro la presenza della casa editrice Passaggio al bosco. «Amici della sinistra», ha sentenziato Fiorello, con l’aria di chi affronta con leggerezza la crudezza della realpolitik, «non dovevate mettervi lì davanti e cantare Bella Ciao… Avreste dovuto applaudire. Dimostrare apertura. Dare spazio anche, e addirittura, agli estremisti. Così avreste mostrato davvero di essere democratici»…
La sferzata ironica e la chiosa alla Fiorello: E ora… insultatemi pure!»
Un monito inatteso, il suo. E un endorsement involontario al concetto di libertà d’espressione spinto fino al paradosso, che lo showman conclude con una sfida tipicamente fiorelliana: «E ora… insultatemi pure!». L’effetto, neanche a dirlo, è quello di un sonoro schiaffo sulla guancia inferto con guanto di velluto, e che mette a nudo l’eccessiva polarizzazione e la reazione spesso automatica e poco strategica di una certa area politica avvizzita sui suoi stessi tic e cliché “anti” a tutti i costi…
Fiorello a tutto campo (ironico): dal nefrologo arrestato al confronto Fini-Rutelli
Ma si sa ormai, l’attualità per Fiorello è un parco giochi sconfinato. Così, se la Giornata mondiale contro la corruzione è l’occasione per canzonare il nefrologo del Sant’Eugenio arrestato con la mazzetta in mano – un primario che «sa fare bene i calcoli», e il cui cantante preferito è «Tony… Reni(s)» – la politica non è certo trattata coi guanti di seta. Tanto che il confronto ad Atreju tra Fini e Rutelli viene liquidato dal comico mattatore radiofonico con una citazione cinematografica irresistibile: «Sembravano nel film Cocoon, tra bagni in piscina e confronto tra bozzoli».
L’irresistibile siparietto sul Papa
E poi c’è la geniale parentesi surreale, con la finta chiamata del lentissimo Papa Leone che promette a Zelensky le sole 20 alabarde delle Guardie Svizzere: un colpo di genio che condensa l’attualità geopolitica e l’umorismo dissacrante. «Oggi Zelensky è venuto in visita a Castel Gandolfo – rivela ai microfoni il finto pontefice –. Ha chiesto armi anche a noi! Daremo loro 20 alabarde, quelle delle Guardie Svizzere. E poi volevo invitare il vostro showman a cantare qui, come ha fatto Bublé… vorrei che cantasse Batticuore dolce amore.
Infine, la difesa a ventre basso di Facchinetti
E nel miscuglio sincretico tra serio e faceto, non poteva mancare infine nella sceneggiatura dello show radiofonico anche un appello finale più serio in difesa di Facchinetti, insultato per la sua partecipazione a un evento di destra, e che mostra come sotto la maschera del gagman batta un cuore attento alle storture del clima politico attuale, dominato dall’insulto e dalla faziosità: «Mi schiero con Facchinetti: da quando è uscito che sarebbe andato ad Atreju ha ricevuto un sacco di insulti…questo non succede con gli eventi di sinistra»…
Così, con lo stile leggero e inafferrabile del varietà. Ma con l’acutezza di chi ha capito che la cronaca, se irrisa con il giusto tempismo, dice più di mille editoriali, Fiorello ha detto tutto. Confermando tra le righe – e le battute – che la sua Pennicanza, in fondo, è una spassosa ma veritiera cartina di tornasole dell’Italia di oggi.