L'intervista
“Belle ciao” di Barbara Saltamartini. Altro che femministe,”con Giorgia premier abbiamo rotto il tetto di cristallo”
«Io credo che Giorgia, per la sua storia, abbia rappresentato un altro volto della presenza femminile in politica». Queste le parole di Barbara Saltamartini sul premier Meloni. Da poco ha scritto un nuovo libro intitolato “Belle ciao”, pubblicato con Historica e Giubilei Regnani, presentandolo sabato 6 dicembre ad Atreju con l’ex deputata del Pd Paola Concia. Intervistata dal Secolo d’Italia, ha spiegato che il paradosso delle femministe è che «oggi parlano di linguaggi, woke quote rosa, azzurre, verdi e arcobaleno. Ma i temi delle donne normali sono ben altri e sono completamente distanti da quelli affrontati dall’area progressista». In sostanza, con le ultime elezioni, il presidente del Consiglio ha rotto il «tetto di cristallo» anche grazie a una nuova sferzata al sistema».
Com’è nato questo libro?
«Con la voglia di raccontare quello che molti fingono di non vedere, ossia che la prima presidente del Consiglio donna nella storia non arriva da sinistra e non si dichiara femminista. Dunque il monopolio che il femminismo credeva di avere sul racconto delle donne è finito. E da qui un tilt che si è scatenato e che mi ha portata a intitolare il libro “Belle ciao”, come persona libera e non più in politica. Il tetto di cristallo l’abbiamo rotto noi con una premier che arriva da destra».
Secondo te Giorgia Meloni ha consolidato un’idea di “femminismo di destra”?
«Io credo che Giorgia, per la sua storia, abbia rappresentato un altro volto della presenza femminile in politica. Peraltro non si è mai dichiarata femminista. Oggi lei è presidente del Consiglio non certo perché donna, visto che non è arrivata a Palazzo Chigi con il sistema delle quote, ma grazie a una nuova sferzata al sistema. Basta semplicemente ricordare le sue parole: sono una donna, sono una madre, sono cristiana».
Le femministe di oggi sono lontane dalla necessità delle donne?
«Assolutamente sì, perché il paradosso è che le femministe di oggi parlano di linguaggi woke, quote rosa, azzurre, verdi e arcobaleno. Ma i temi delle donne normali sono ben altri e sono completamente distanti da quelli affrontate dall’area progressista. Penso al tema della conciliazione vita lavoro, della disparità salariale, dell’esigenza di strutture per il sostegno all’infanzia o alle persone anziane. Questi sono temi reali che gravano sulle spalle delle donne e a cui le femministe contemporanee non sanno minimamente rispondere».
La sinistra italiana, dopo aver visto Giorgia Meloni premier, è andata in confusione?
«Assolutamente sì. Io credo che le femministe siano in crisi, così come la sua narrazione e con l’arrivo di Giorgia c’è stato un cortocircuito. Si sono trovate impreparate davanti a una donna di destra che non usa le loro parole, i loro strumenti e le loro rivendicazioni. Ed ecco da dove arriva l’aggressività nei suoi confronti.
Hai dialogato ad Atreju con Paola Concia, è possibile un dialogo tra donne che vengono da esperienze politiche diverse?
Sì, anche se io e lei veniamo da storie politiche e personali molto diverse, entrambe non siamo più in Parlamento da qualche anno. Tra l’altro voglio fare un plauso agli organizzatori di Atreju, per aver scelto come primo dibattito politico quello tra due donne che arrivano da lontano, ma che hanno in comune la forza del dialogo e del confronto. Chi ha idee forti non ha mai paura di confrontarsi. Credo che con Paola possano esserci tanti punti in comune, come altrettanti che ci troveranno su posizioni diverse. Ben venga il confronto, perché fa sempre bene.
Cosa ne pensi di “Non una di meno”?
«Parlano a loro stesse, garantendo che nelle loro manifestazioni ci sia una violenza verbale inaccettabile nei confronti delle donne che non arrivano dal loro stesso percorso. Colgo l’occasione per condannare quello che è accaduto il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dove chi si riempie la bocca di parole e tutela si è permesso di scendere in piazza con il cartello “- Femminicidi + Melonicidi”. È un’incitazione alla violenza gratuita: lo ritengo inaccettabile».