A Castel Sant'Angelo
Atreju, al settimo giorno arriva la consacrazione: è qui la vera festa della politica italiana
Alla vigilia dell’intervento conclusivo di Giorgia Meloni si può già tracciare un primo bilancio di questa edizione di Atreju. “Sei diventata forte” riecheggia visivamente su tutti i cartelloni (con quei caratteri da reclame anni ’70). Un elogio alla nostra Italia, ma anche un’implicita autocitazione che poteva suonare roboante e velleitaria, ma che con il passare dei giorni ha trovato la sua ragione d’essere.
Checché ne pensi qualche storico militante, che rimpiange i vecchi tempi delle edizioni più identitarie, quando Atreju nasceva e moriva in un week end, questi 7 giorni hanno rappresentato la definitiva consacrazione di un appuntamento, divenuto l’ultima grande platea politica reale, avulsa da algoritmi e logiche social.
In carne e ossa con gli esponenti del governo, di FdI e di centrodestra, c’erano tutti (o quasi) i leader dell’opposizione. Tutti sono stati accolti con rispetto e attenzione. Attitudine che dovrebbe essere scontata, ma che in questa stagione politica così conflittuale, spesso non lo è.
Nei giardini di Castel Sant’Angelo, gli stessi che negli anni ’80 hanno ospitato alcune feste dell’Unità con il Pci all’apice del successo elettorale, i romani hanno potuto assistere per una settimana a una vera e propria festa della politica.
Un’agorà democratica che ha dato spazio a tante voci, non necessariamente intonate con quelle della destra. Ma anche questa è la formula diventata vincente della kermesse di FdI. Per mutuare una definizione cara a Bruno Vespa, che sabato sera ha moderato uno dei panel della manifestazione, Atreju ha scippato per una settimana a Porta a Porta il ruolo di “terza camera dello Stato”.
Volendo individuare una prova tangibile della consacrazione di Atreju, ce n’è uno in particolare, tra i tanti. Non la partecipazione di personalità di spicco del panorama internazionale come il presidente palestinese, Abu Mazen, non tanto la partecipazione di ex premier come Renzi e Conte, di alcuni ex presidenti di Camera e Senato come Rutelli, Fini, Violante, Fico e Pera, di decine di ministri in carica ed ex ministri, di molti direttori di quotidiani (da Travaglio a Sallusti, da Cerno a Capezzone), di volti noti di cinema e della tv da Carlo Conti a Raoul Bova, da Mara Venier a Michele Placido.
La vera consacrazione l’hanno data piuttosto quei giovani studenti che hanno scelto proprio la platea di Atreju per contestare il ministro dell’Università Annamaria Bernini. Hanno puntato su Atreju a colpo sicuro: sapevano che non vi era vetrina migliore e sapevano soprattutto che avrebbero avuto la facoltà di parlare e di esprimere la loro posizione liberamente. Perché Atreju sa ascoltare tutti: persino i “poveri comunisti”.