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La verità? Ti fa male, lo so. E così a sinistra (e dintorni) non restano che imbarazzi e fake news

L'editoriale

La verità? Ti fa male, lo so. E così a sinistra (e dintorni) non restano che imbarazzi e fake news

La settimana che ci lasciamo alle spalle è stata all’insegna della “relazione complicata” fra la realtà e il racconto che ne ha fatto l’arcipelago della sinistra

L'Editoriale - di Antonio Rapisarda - 15 Novembre 2025 alle 06:30

La verità, cara opposizione, «ti fa male, lo so». E allora è molto meglio, dalle parti del campo largo, consolarsi con le fake news. La settimana che ci lasciamo alle spalle è stata all’insegna della “relazione complicata” – per utilizzare uno dei must di Facebook – fra la realtà e il racconto che ne ha fatto l’arcipelago della sinistra. Ad uscire con le ossa rotte, ovviamente, è stata quest’ultima con una collezione di figuracce niente male: dalle interviste immaginate (e false) di Falcone e Borsellino contro la separazione delle carriere alle balle sulla manovra «per i ricchi»; dalla “barca di cittadinanza” di Roberto Fico al polverone che Report continua a sollevare per distogliere l’attenzione dalla multa consegnata dal Garante della privacy. Segno, caso per caso, di un’evidente fragilità delle argomentazioni che fa scopa con la ricerca di verità di comodo che si rivelano altrettanto goffe.

Partiamo dalla manovra. Abbiamo assistito in questi giorni al tamburo battente della narrazione – a cui hanno contribuito i tecnici (?) dell’Istat e di Bankitalia – della finanziaria “per ricchi”. Quando in realtà, come ha confermato la lettura complessiva fornita dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, è vero l’esatto opposto. La quarta manovra del governo Meloni ha introdotto, dopo aver reso strutturale il taglio del cuneo fiscale e aver accorpato i primi due scaglioni dell’Irpef per tutelare i ceti più svantaggiati, un primo alleggerimento delle tasse anche per il “piccolo” ceto medio: ossia chi guadagna 2-3mila euro al mese o poco più. Parliamo, tanto per intenderci, di quel 17% della popolazione che paga il 67% dell’intero importo dell’Irpef. Apriti cielo. Chi solo poche settimane addietro, dalle parti del Pd, rimproverava il governo di non sostenere il ceto medio adesso che questo lo fa trasforma lo stesso ceto medio in una roba «da ricchi». Una posizione lunare, accompagnata dalla più tafazziana delle “reazioni” di cui la sinistra è cintura nera: la proposta della premiata ditta Pd-Cgil-Avs – sull’onda dell’entusiasmo per l’elezione di Mamdani a New York (che non confina esattamente con le Marche…) –, di una nuova patrimoniale. Proposta sonoramente bocciata persino da un vecchio “dracula” delle tasse come Romano Prodi.

Da segnalare, poi, il Paprika-gate” che ha coinvolto Roberto Fico: il fogliettone, da membro onorario dell’ex odiata casta, che lo vede imbarazzato protagonista. Si è scoperto infatti – dopo lo scoop di Libero sul badget per la sua «superscorta» – che il candidato presidente per la Campania è proprietario di una barca (o a quanto pare due) tutt’altro che francescana e di ormeggi assicurati a prezzi stracciati, anche dopo la fine del suo mandato a Montecitorio, in un esclusivo attracco militare. Di qui le cinque domande sulla trasparenza rilanciate dal sottosegretario Antonio Iannone alle quali l’ormai ex grillino non ha ancora risposto. Segno che la verità sulla vicenda della barca battezzata “Paprika”, qualunque essa sia, fa male. Discorso simile alla vicenda che da settimane ormai si trascina con lo scontro fra Sigfrido Ranucci e i membri dell’Autorità per la Privacy. Il conduttore di Report non si è arreso alla verità: ossia alla multa, stabilita dal Garante, per aver trasmesso un audio fra l’allora ministro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini del tutto ininfluente ai fini dell’informazione sul caso Boccia. Qui il rifiuto della tanto decantata (per gli altri) verità del procedimento giudiziario si è tradotto in una campagna “ex post” – o “metodo Report” – contro chi? Guarda un po’: contro il collegio dell’Authority. Se l’avessero fatto altri si sarebbe gridato, urbi et orbi, alla macchina del fango…

Infine, sulla riforma della giustizia – come abbiamo titolato sul Secolo d’Italia – si è toccato poi il fondo. La fake news più clamorosa coincide qui con la figuraccia collezionata in serie dal Fatto Quotidiano, da Repubblica e dal resto della compagnia di giro: i vari Formigli e Floris. Con una guest star d’eccezione: il procuratore Nicola Gratteri. Parliamo delle false interviste attribuite ai due eroi dell’antimafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tirati in ballo come sostenitori del “no” alla riforma Nordio. Una clamorosa bufala svelata da Il Dubbio che ha generato le scuse (apprezzate) di parte di alcuni di giornalisti coinvolti e una complicata arrampicata sugli specchi da parte degli altri. Non sono stati da meno i maggiorenti dell’Anm. Costoro, a partire dal presidente Cesare Parodi, hanno prima politicizzato in tutti i modi la loro critica alla riforma della giustizia (con tanto di sciopero e con la creazione del comitato del “no”) salvo poi – alla prova della verità con chi è deputato da difendere le ragioni del “sì” – rifiutare, dopo averlo chiesto, il vis a vis con Carlo Nordio: «Vogliamo evitare il rischio che l’Anm appaia come un soggetto politico di opposizione». Un’acrobatica balla camuffata da retromarcia.

Morale della settimana scendendo dall’ottovolante delle opposizioni di ogni ordine e grado? Hanno fatto e disfatto tutto da soli: poche idee, dunque, ma confuse. Che cosa testimonia tutto questo dall’altra parte? La buona fede dell’azione di governo: che non ha bisogno di inventare o promettere nulla. Se non offrire – dal rilancio economico alla giustizia “giusta” – un percorso chiaro, lineare, riformista. Confortato e premiato per questo dal consenso dei cittadini, degli interlocutori sociali, dei mercati e della stessa maggioranza silenziosa degli uomini di legge. È questa la verità, cara opposizione. E «ti fa male, lo so…».

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