La Conferenza sulle dipendenze
“Insieme si può”: i ministri in campo contro la droga. Così il governo dimostra cos’è davvero una strategia nazionale
Gli interventi della giornata conclusiva disegnano il quadro complessivo di un impegno che coinvolge tutto l'esecutivo e si riannoda a monte per creare quel "gioco di squadra" di cui ha parlato Meloni. E che deve coinvolgere istituzioni e società
Ciascuno per la propria parte, tutti all’interno di un’unica strategia che deve coinvolgere necessariamente istituzioni e società. Nella seconda e ultima giornata della VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, la massiccia presenza dei ministri coinvolti più direttamente nella battaglia e l’intervento conclusivo del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, hanno dato il senso profondo dell’appuntamento, già riassunto nel titolo “Libertà dalla droga. Insieme si può”.
Mantovano: «Il coinvolgimento di tutte le istituzioni è cruciale»
L’idea di una battaglia che si vince su più livelli – dalla famiglia alla giustizia, passando per la scuola, le politiche di prevenzione, gli interventi a livello transnazionale – è stato il filo conduttore degli interventi degli esponenti del governo, ognuno puntuale sulla propria competenza, ma volto a rappresentare la tessera di un unico mosaico che si tiene tutto insieme. «Credo che su queste tematiche le gambe del tavolo debbano essere tre: governo nazionale, regioni e province autonome e gli operatori di questa conferenza. Su due gambe nessun tavolo regge», ha detto Mantovano, ricordando che «il coinvolgimento di tutte le istituzioni è cruciale. Tre anni fa non vi era la medesima percezione e come abbiamo visto e sentito, non è stata una passerella. Il lavoro di squadra è essenziale».
La necessità del confronto, «anche litigando se necessario»
Il sottosegretario ha rilanciato la centralità del dialogo e del confronto, anche litigando «se necessario», per «mettere in comune orientamenti, visioni ed esperienze». Il sottosegretario ha quindi sottolineato la necessità di dare vita a un sistema integrato di monitoraggio, a fronte di dati che oggi sono frammentati tra le regioni e, quindi, non adatti a dare una lettura omogenea del fenomeno, «che invece è fondamentale». E alle Regioni ha rivolto anche un appello, affinché utilizzino le risorse in più che ora ci sono, per fare assunzioni nei Sert come per elaborare progetti di prevenzione e recupero.
Il ruolo della magistratura e quelle sentenze “stupefacenti”
Anche la magistratura è chiamata a fare la propria parte, poiché «non è una variabile indipendente». «Questo vale per quelle sentenze, per rimanere in tema, “stupefacenti” che a fronte della detenzione di qualche chilo di sostanza ravvisano l’uso personale e che hanno conseguenze devastanti, sia a proposito delle decisioni della magistratura di sorveglianza per le quali sembra che sia un federalismo della giustizia», ha spiegato il sottosegretario, ricordando anche le differenze che si registrano, per esempio, sulla risposta alle richieste di affrontare percorsi di recupero, di pochi giorni in alcuni posti, di mesi, «se non anni», in altri. «Io non so se solo registrare questa anomalia – ha commentato Mantovano – farà insorgere il sindacato di categoria e lanciare un’altra fatwa, ma il problema esiste, lo dobbiamo affrontare e poiché il compito del governo è affrontare le questioni in modo costruttivo. La mia modesta proposta è quella, nel luogo di formazione dei magistrati, cioè la scuola superiore della magistratura, in ambiti dedicati di provare a mettere sul tappeto queste questioni perché comincino a essere avviate a soluzione».
Dalle carceri alle prefetture: un impegno su ogni campo
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è soffermato, tra l’altro, sul tema dei detenuti «collegati alla tossicodipendenza» che sono il 20% del totale e, se per una buona parte sono legati alle organizzazioni criminali «spacciatrici di morte», per un’altra buona percentuale sono persone in stato di tossicodipendenza, «per loro noi abbiamo già programmato un decreto di legge a luglio per una detenzione differenziata, presso comunità terapeutiche».
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato dell’impegno del Viminale nel contrasto alla droga e dell’opportunità di valorizzare la rete delle prefetture anche per la raccolta dati, il monitoraggio e il collegamento con la rete interistituzionale territoriale. «Dobbiamo rilanciare modelli operativi efficaci già sperimentati, come quelli attuati quando ero prefetto di Roma: da quelle esperienze – ha detto Piantedosi – si potrebbe trarre un modello utile anche per altre forme di dipendenza, laddove vi siano elementi di compatibilità».
Il lavoro come fattore di riscatto
«Bisogna fare sinergia e avere un approccio integrato alla soluzione dei problemi», ha detto poi il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ricordando che la tossicodipendenza è una condizione che può avere una fine e accogliendo «la sollecitazione a costituire tavoli tecnici a livello territoriale e con i ministeri: lavoro vuole dire inclusione e attraverso questo si attiva il reinserimento».
L’Italia esempio nel mondo nella lotta al narcotraffico
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha affrontato il tema della lotta al traffico di droga a livello internazionale, dove «l’esperienza italiana è un modello riconosciuto nel mondo», che ha fatto scuola anche in America Latina.
Famiglia, scuola, università: l’alleanza educativa al centro della prevenzione
Della prevenzione che passa dall’educazione hanno parlato tanto i ministri dell’Università, Anna Maria Bernini, quanto quello della Scuola, Giuseppe Valditara, e della Famiglia, Eugenia Roccella. Sul tavolo ci sono fondi per il benessere psicologico dei ragazzi, strumenti di accompagnamento alla crescita e alla responsabilità, una visione complessiva in cui anche ciò che sembra distante, il rafforzamento del ruolo della famiglia, in realtà gioca un ruolo decisivo nel creare un ambiente sicuro, motivante, in cui i vuoti che spingono verso la droga siano riempiti da un sistema di valori e modelli positivi.
«Serve un impegno comune – istituzioni, Regioni, servizi sanitari e territoriali, scuola, famiglie, Terzo settore – per migliorare la presa in carico, ma soprattutto per costruire insieme una vera cultura della prevenzione. Continueremo a lavorare in sinergia in questa direzione», ha detto il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, spiegando di sentirsi «rassicurato, come genitore, nel vedere una così forte attenzione su un tema che in modi diversi può toccare tutti».
Il richiamo di Meloni su cosa significhi «fare gioco di squadra»
Ieri, nel suo intervento, che si è affiancato a quello del capo dello Stato Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni ha ricordato che «fare gioco di squadra non significa annullare le diverse esperienze, metodologie, modalità di intervento e orientamenti ideali, che anzi rappresentano una ricchezza. Significa, rispettando le competenze di ciascuno, puntare ad una sintesi che le valorizzi tutte in funzione dell’obiettivo generale, che è e rimane salvare le persone dalle dipendenze».