Quanti pesi, quante misure?
Famiglia nel bosco, i genitori rompono il silenzio: ecco la verità. Altro che indisponibili, “vogliamo interloquire con le istituzioni”
Nathan e Catherine smentiscono di essere chiusi al confronto, mentre il ministro Nordio parla di "misura estrema" e di valutazioni in corso, e il sottosegretario Fazzolari mette in guardia sui rischi di sindacare le scelte di vita a corrente alternata, paragonando la situazione attenzionata a Chieti a quella (meno monitorata?) dei bambini nei campi rom
Il caso della famiglia che vive nel bosco si ingarbuglia di botta e risposta, dichiarazioni reciproche, annunci e smentite: tutto elevato al quadrato dal dibattito mediatico che si è concentrato sulla vicenda. E allora, nel riavvolgere il nastro, tra legali che vanno e altri che vengono, occorre ripartire proprio dalle parole dei diretti interessati: da Nathan e Catherine, per i cui tre figli di 8 e 6 anni il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ha disposto la collocazione in una casa famiglia (dove è stata allocata anche la madre. Mentre per il padre sono previsti incontri in base al diritto di visita sancito dalla legge), scatenando clamore e recriminazioni mediatiche e istituzionali.
Chieti, famiglia nel bosco: il caso si aggiorna a dichiarazioni e smentite dell’ultim’ora
Così, succede che, mentre il sindaco di Palmoli sempre sul pezzo in tv, e che negli ultimi due giorni in particolare ha rilanciato con vigore la proposta rivolta alla coppia genitoriale di una casa “green” offerta da un industriale del posto a titolo totalmente gratuito, i genitori dei piccoli al centro della vexata quaestio, Nathan e Catherine, ritratti sui media come una coppia di ferro indisponibile a qualsiasi confronto e proposta (a partire dal supposto diniego all’offerta dell’appartamento in campagna situato a meno di 3 km dalla loro residenza nel bosco, dotato di servizi e strutturato a norma), arrivano a smentire qualsiasi indisponibilità al confronto.
I genitori rilanciano la loro «necessità imprescindibile di interloquire» con le istituzioni
Affermando, di contro, la loro «necessità imprescindibile di interloquire» con le istituzioni. Tanto che, attraverso il loro legale, l’avvocato Marco Femminella, hanno spiegato che la revoca del mandato al precedente avvocato è avvenuta proprio per favorire un «confronto dialettico, nonché prettamente giuridico», con gli enti competenti. E con l’obiettivo di «ristabilire verità e chiarezza in una vicenda drammatica».
I genitori Nathan e Catherine: «Ristabilire la verità, imprescindibile interloquire con istituzioni»
«Sentiamo, oggi più che mai, il bisogno di ristabilire verità e chiarezza in una vicenda drammatica che ha coinvolto, ed anzi stravolto, la nostra famiglia. La scelta che ci ha indotti a revocare il mandato all’avvocato Angelucci passa attraverso il bisogno di una comprensione e di un confronto dialettico nonché prettamente giuridico con le istituzioni con cui abbiamo la necessità imprescindibile di interloquire», hanno affermato in queste ore Nathan e Catherine, il papà e la mamma che vivevano con i loro figli nella casa del bosco nel Chietino, in una nota stampa diffusa attraverso il loro nuovo legale, l’avvocato Femminella.
Il “file” tra le righe delle difficoltà linguistiche…
Non solo. I due genitori hanno sottolineato che ogni loro decisione, compresa la scelta di vivere nella casa nel bosco, è stata sempre orientata al «benessere psicofisico dei nostri splendidi bambini». Hanno inoltre rivelato come la «difficoltà nel parlare e comprendere la lingua italiana», in particolare i tecnicismi legati agli aspetti giuridici, abbia costituito un «problema enorme» nell’interloquire correttamente e nel cogliere le dinamiche processuali. Sottolineando contestualmente che, solo due giorni prima delle dichiarazioni, per la prima volta, sono stati posti nella condizione di leggere l’ordinanza nella sua interezza, grazie ad una traduzione in lingua inglese.
Famiglia che vive nel bosco, la posizione del ministro Nordio
Nel frattempo, come noto, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rispondendo a un question time alla Camera, nel sottolineare la complessità della situazione ha definito la vicenda come un tema «delicatissimo» da considerare «con grande attenzione e bilanciando interessi». Intanto dunque, il titolare del dicastero di Via Arenula ha immediatamente disposto già nelle scorse ore un approfondimento urgente tramite l’Ispettorato, chiedendo la trasmissione di copia integrale di tutti gli atti processuali, assicurando contemporaneamente che, se dovessero emergere «profili di rilievo disciplinare», non esiterebbe a esercitare i poteri conferitigli dalla legge.
Nordio: «Se profili disciplinari, pronto a esercitare poteri conferitimi dalla legge»
Di più. Nordio ha espresso «perplessità» in merito al provvedimento, definendo il prelievo forzoso del minore come una «misura estrema», alla quale ricorrere eventualmente solo dopo un’attenta valutazione delle ripercussioni sul benessere psico-fisico del bambino. Il ministro ha evidenziato inoltre, nella circostanza, il paradosso della situazione: dopo anni di critica alla civiltà dei consumi e all’industrializzazione, quando una famiglia «decide di vivere pacificamente a contatto con la natura si debba arrivare a provvedimenti così estremi»… Asserendo e puntualizzando sul caso: «Personalmente ho manifestato la mia perplessità – ha concluso il suo intervento – derivante dalla circostanza che, dopo anni di bombardamento anche mediatico contro la civiltà dei consumi, la modernizzazione, l’industrializzazione, l’eccessivo uso delle fonti di produzione elettrice o addirittura nucleari, poi quando una famiglia decidere di vivere pacificamente a contatto con la natura si debba arrivare a provvedimenti così estremi».
L’intervento del sottosegretario Fazzolari
E non è ancora tutto. Perché anche il sottosegretario a Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, è intervenuto sulla questione, manifestando cautela nell’entrare nel merito delle scelte di vita della famiglia, ha commentato: «Se era adatto o no quel contesto per quei bambini è difficile da dire, si entra nel merito del giudizio delle scelte di vita di una famiglia. È una famiglia legata a valori di connessione con la natura, ha fatto anche scelte estreme, ma i bambini sembravano in salute. Se lo Stato decide di entrare nel merito di una questione del genere può diventare pericoloso».
Quei tre bambini «vivono meglio di altri coetanei nei campi rom»
Ancora: il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’attuazione del programma ha infine avanzato anche un paragone che in molti è ventuo alla mente in questi giorni di aspro e intenso dibattito mediatico e sociale sul caso della famiglia nel bosco, affermando che quei bambini ora allocati in una casa famiglia «vivevano molto meglio di molti altri loro coetanei» che crescono in contesti più degradati, come i campi rom. E che non hanno mai rischiato di essere sottratti alle loro famiglie. Un punto su cui non è mai troppo tardi per tornare a riflettere…